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birra (n.f.)
⇨ (bibita composta di birra e limonata o gazzosa) • (colletto di schiuma di birra) • barile di birra • bicchiere da birra • birra alla spina • birra amara • birra bionda • birra chiara • birra forte e scura • birra inglese • birra scura • birra stagionata • correre a tutta birra • fabbrica di birra • fabbricante di birra • fabbricatore di birra • fabbricatrice di birra • lievito di birra • preparazione della birra
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Wikipedia
(EN)
« For a quart of ale is a dish for a king. »
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(IT)
« ché un boccale di birra è un pasto da re. »
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(William Shakespeare, da Il racconto d'inverno, atto IV, scena III)
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La birra è una delle più diffuse[1] e più antiche[2] bevande alcoliche del mondo. Viene prodotta attraverso la fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces carlsbergensis di zuccheri derivanti da fonti amidacee, tra cui quella più usata è il malto d'orzo. Il malto d'orzo è l'orzo germinato ed essiccato. Vengono tuttavia ampiamente impiegati anche il frumento, il mais e il riso, solitamente in combinazione con l'orzo. Altre piante meno utilizzate sono invece l'avena, la radice di manioca, il miglio e il sorgo in Africa, la patata in Brasile e l'agave in Messico.
Per produrre la birra, il malto viene immerso in acqua calda, dove – grazie all'azione di alcuni enzimi presenti nel malto stesso e dovuti alla germinazione – gli amidi presenti vengono convertiti in zuccheri fermentabili. Questo mosto zuccheroso può essere aromatizzato con erbe aromatiche, frutta o più comunemente con il luppolo. Quindi, viene impiegato un lievito che dà inizio alla fermentazione e porta alla formazione di alcool, unitamente ad anidride carbonica (che viene per la maggior parte espulsa) ed altri prodotti di scarto derivanti dalla respirazione anaerobica dei lieviti.
In questo processo si utilizzano ingredienti, tradizioni e metodi produttivi variabili: il tipo di lievito ed il metodo di produzione possono essere usati per classificare le birre in ale, lager o birre a fermentazione spontanea.
Indice |
Per approfondire, vedi la voce Storia della birra. |
La birra è una delle bevande più antiche prodotte dall'uomo, probabilmente databile al settimo millennio a.C., registrata nella storia scritta dell'antico Egitto e della Mesopotamia[3]. La prima testimonianza chimica nota è datata intorno al 3500-3100 a.C.[4]. Poiché quasi qualsiasi sostanza contenente carboidrati, come ad esempio zucchero e amido, può andare naturalmente incontro a fermentazione, è probabile che bevande simili alla birra siano state inventate l'una indipendentemente dall'altra da diverse culture in ogni parte del mondo. È stato sostenuto che l'invenzione del pane e della birra sia stata responsabile della capacità dell'uomo di sviluppare tecnologie e di diventare sedentario, formando delle civiltà stabili.[5][6][7]. È verosimile che l'invenzione della birra sia infatti coeva a quella del pane; poiché le materie prime erano le stesse per entrambi i prodotti, era solo "questione di proporzioni": se si metteva più farina che acqua e si lasciava fermentare si otteneva il pane; se invece si invertivano le quantità mettendo più acqua che farina, dopo la fermentazione si otteneva la birra.
Si hanno testimonianze di produzione della birra addirittura presso i Sumeri. Proprio in Mesopotamia inoltre pare che sia nata la professione del birraio, e testimonianze riportano che parte della retribuzione dei lavoratori veniva corrisposta in birra.[8] Due erano le principali tipologie prodotte nelle case della birra: una birra d'orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un'altra di farro detta kurunnu. La più antica legge che regolamenta la produzione e la vendita di birra è, senza alcun dubbio, il Codice di Hammurabi (1728-1686 a.C.) che condannava a morte chi non rispettava i criteri di fabbricazione indicati (ad es. annacquava la birra) e chi apriva un locale di vendita senza autorizzazione[9]. Nella cultura mesopotamica la birra aveva anche un significato religioso: veniva bevuta durante i funerali per celebrare il defunto ed offerta alle divinità per propiziarsele.
La birra aveva analoga importanza in Antico Egitto, dove la popolazione la beveva fin dall'infanzia, considerandola anche un alimento ed una medicina. Addirittura una birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele, veniva somministrata ai neonati quando le madri non avevano latte. Anche per gli Egizi la birra aveva un carattere mistico, ma tuttavia c'era una grossa differenza rispetto ai Babilonesi: la birra non era più un prodotto artigianale, ma era divenuta una vera e propria industria con i faraoni che possedevano addirittura delle fabbriche.
Si parla di birra anche nella Bibbia e negli altri libri sacri del popolo ebraico come il Talmud; nel Deuteronomio si racconta che durante la festa degli Azzimi si mangiava per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra. Lo stesso avviene durante la festività del Purim.
La Grecia, sicuramente più orientata sul vino, non produceva birra, ma ne consumava parecchia, soprattutto per le feste in onore di Demetra e durante i giochi olimpici durante i quali era vietato il consumo del vino. La bevanda arrivava in Grecia tramite i commercianti fenici.
Anche gli Etruschi e i Romani preferivano di gran lunga il vino, tuttavia ci furono personaggi famosi che divennero sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell'83 d.C. portò con sé tre mastri birrai da Glevum (l'odierna Gloucester) e fece aprire il primo "pub" nella penisola italiana.
I veri artefici della diffusione della birra in Europa furono comunque le tribù Germaniche e Celtiche. Questi ultimi in particolare si stanziarono in Gallia e in Britannia, ma soprattutto in Irlanda, dove addirittura esiste una leggenda secondo la quale gli irlandesi discendano da un popolo di semidei chiamati Fomoriani che avevano la potenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall'eroe di Mag Meld.
Molti non riconoscerebbero come "birra", ciò che bevevano i primi abitanti dell'Europa, in quanto le prime birre contenevano ancora al loro interno i prodotti dai quali proveniva l'amido (frutta, miele, piante, spezie).[10] Il luppolo come ingrediente della birra fu menzionato per la prima volta solo nel 822 da un abate Carolingio [11] e di nuovo nel 1067 dalla badessa Ildegarda di Bingen.[12] Fu proprio merito dei monasteri durante il Medioevo il salto di qualità nella produzione della bevanda. Persino le suore avevano tra i loro compiti quello di produrre la birra, che in parte era destinata ai malati e ai pellegrini. Anche in Gran Bretagna la birra prodotta dalle massaie veniva messa a disposizione delle feste parrocchiali, ed utilizzata per scopi umanitari. In Inghilterra in particolare, la birra divenne bevanda nazionale in quanto l'acqua usata per la sua produzione veniva bollita e quindi sterilizzata.
La birra prodotta prima della rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala domestica[13], nonostante già dal settimo secolo d.C. venisse prodotta e messa in vendita da monasteri europei. Durante la rivoluzione industriale, la produzione di birra passò da una dimensione artigianale ad una prettamente industriale, e la manifattura domestica cessò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del XIX secolo[14]. Lo sviluppo di densimetri e termometri cambiò la fabbricazione della birra, permettendo al birraio più controlli sul processo e maggiori nozioni sul risultato finale. Inoltre, sempre nello stesso periodo furono eseguiti studi specifici sul lievito, che permisero di produrre la birra a bassa fermentazione, di gran lunga la più diffusa nel mondo.
Per approfondire, vedi la voce Cereali. |
La produzione di birra si può fare con qualunque tipo di cereale. Questo però, deve venire preparato affinché i suoi zuccheri diventino fermentabili. In alcuni casi è sufficiente una semplice cottura (come nel caso del mais) mentre in altri casi è necessario "maltare" il cereale.
Per approfondire, vedi la voce Malto. |
Gli zuccheri contenuti nei chicchi d'orzo non sono immediatamente accessibili, ma è necessario attivare precedentemente un enzima presente nel chicco stesso che parteciperà alla riduzione delle lunghe catene di zuccheri. Questa operazione consiste semplicemente nel far germinare i chicchi. Quando si pensa che l'attivazione enzimatica della germinazione sia arrivata allo stato ottimale, si interrompe il processo riducendo l'umidità nei chicchi fino al suo valore minimo. Questo prodotto viene chiamato "malto acerbo". A questo punto bisogna cuocerlo. A basse temperature si ottiene il minimo effetto di tostatura e si parla di "malti chiari" (talvolta chiamati anche lager o pale, a seconda del paese in cui avviene la produzione). In proporzione a quanto si aumenta la temperatura del forno, il malto risultante diventa più scuro. Si può arrivare fino al punto di bruciarlo, producendo così i "malti neri". Il grado di tostatura del malto determina il colore della birra.
Il termine "miscela" si riferisce alla quantità di grano che si utilizzerà per preparare il mosto. Questa infatti può essere composta da un solo tipo di malto, oppure da una "miscela" di malti, oppure ancora da malti e grano duro. Le proporzioni e i componenti di questa miscela sono fondamentali per la scelta e la determinazione dello stile di birra che si vuole produrre.
I diversi cereali che si utilizzano per produrre birra, presentano ognuno una serie di varietà botaniche che moltiplicano le possibilità di scelta del birraio. Si possono trovare sul mercato fino a 60 tipi diversi di grano, cifra che aumenta considerevolmente se teniamo conto anche dei malti caserecci. Di base, i cereali si possono distinguere in quattro categorie:
Per approfondire, vedi la voce Luppolo. |
L'additivo principale usato per compensare la dolcezza del malto, è il luppolo, introdotto nella produzione alla fine del primo millennio, ma diffusosi a partire dal XVI secolo[15]. Di questa pianta si utilizzano i fiori femminili non fecondati. Alla base della sua brattea c'è una ghiandola che contiene la luppolina, che è la sostanza che conferirà il sapore amaro alla birra. In particolare i responsabili di questa amarezza sono gli acidi amari e gli oli essenziali costituiti da composti abbastanza volatili e delicati a base di esteri e di resine. Esistono numerose varietà botaniche di luppolo e sono oggetto di studio intenso. Il luppolo è la causa della stimolazione dell'appetito che produce la birra. Vengono classificati in categorie:
Il luppolo è molto delicato e si può utilizzare fresco solo durante i pochi mesi del suo raccolto (che coincide con quello dell'uva): dalla fine di agosto ad ottobre a seconda delle varietà e del posto. Al di fuori di questo periodo di tempo deve essere congelato; sul mercato si trova in diverse forme, dal luppolo disidratato fino all'estratto di luppolo. Tuttavia in ogni manipolazione si vanno perdendo delle caratteristiche e quindi non è la stessa cosa utilizzare un luppolo fresco o congelato piuttosto che un olio di concentrato di luppolo. L'effetto organolettico sulla birra è molto differente.
In definitiva, la varietà e la freschezza del luppolo influenzano sensibilmente la qualità finale della birra.
Oltre che il luppolo, nella storia si sono usati numerosissimi additivi botanici per la birra, tra i quali si possono citare:
Per approfondire, vedi la voce Acqua. |
La birra è composta dall'85% al 92% di acqua.
Oltre alle caratteristiche minerali e batteriologiche di potabilità che obbligatoriamente deve avere, ogni birra richiederà una qualità differente di acqua: talune necessitano di acque poco mineralizzate, altre acque più dure con molto calcare. Nella moderna produzione, quasi nessuna birra viene prodotta con l'acqua così come fluisce, ma viene prima trattata nel birrificio in modo da avere sempre le stesse caratteristiche e non alterare la ricetta.
Tra i minerali dell'acqua che interessano maggiormente i birrai ci sono il calcio, i solfati e i cloruri. Il calcio aumenta la separazione del malto e del luppolo nella macerazione e nella cottura, e scurisce la birra dandole opacità e torbidezza. Il rame, il manganese e lo zinco, inibiscono la flocculazione dei lieviti. I solfati rinforzano l'amarezza e la secchezza del luppolo. I cloruri danno una tessitura più piena e rinforzano la dolcezza.
Nella moderna produzione si ha un consumo di circa tre ettolitri d'acqua per ogni ettolitro di birra prodotta.
Per approfondire, vedi la voce Lievito. |
La maggior parte degli stili di birra si producono utilizzando una delle due specie di microrganismi unicellulari del tipo Saccharomyces, comunemente chiamati lieviti. Si tratta di funghi che consumano zuccheri per produrre alcol e anidride carbonica. Esistono fondamentalmente due famiglie di lieviti che definiscono i due più grandi gruppi di birre:
Nella produzione della birra, specialmente in quella chiamata "a fermentazione spontanea", possono intervenire anche altri lieviti. In queste birre il produttore non ne seleziona nessuno in particolare, ma permette a tutti i lieviti in sospensione nell'aria di introdursi nel mosto. In questo modo intervengono, oltre al Saccharomyces, più di 50 fermentatori differenti tra i quali possiamo citare il Lactobacillus, che è un batterio che produce l'acido lattico, ed il Brettanomyces che produce l'acido acetico. Queste birre, che vengono chiamate Lambic, sono dunque acide per definizione, e la loro produzione richiede procedimenti speciali destinati a ribassarne il grado di acidità.
Per approfondire, vedi la voce Birrificio. |
Il processo produttivo della birra può essere definito "birrificazione" o "brassaggio" e richiede numerose fasi di lavorazione.
La prima di queste fasi può essere definita maltificazione: l'orzo o gli altri cereali dopo essere stati selezionati e ripuliti, vengono immessi nelle vasche di macerazione, dove ricevono l'acqua e l'ossigeno necessario per la germinazione.
Questo processo dura in genere tre o quattro giorni durante i quali l'acqua è mantenuta a temperature comprese fra i 12 e i 15 gradi, e viene continuamente cambiata. Una volta che è stato raggiunto il grado di umidità sufficiente, l'orzo viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di germinazione o comunque in un luogo ben aerato.
Il processo viene arrestato quando il germoglio ha raggiunto circa i due terzi della lunghezza del chicco, tramite essiccazione o torrefazione.
L'orzo maltato viene quindi macinato fino ad ottenere una specie di farina, quindi miscelato con acqua calda (circa 65-68 gradi). Questa fase è detta ammostatura, in quanto il malto si trasforma in mosto. Precisamente questo avviene quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in uno zucchero, il maltosio. La massa, mantenuta in agitazione, viene portata, con opportune soste, alle temperature ottimali per l'attività enzimatica di degradazione di amido e proteine, favorendone così la solubilizzazione nel mosto.
La parte liquida viene quindi separata dalla parte solida tramite filtrazione all'interno di un tino filtro, in cui il mosto con le trebbie viene pompato dal basso. Quando tutto il mosto è stato trasferito, si lascia che le trebbie sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla filtrazione. Per raggiungere un buon livello di limpidità, il mosto viene fatto ricircolare più volte.
Il passo successivo è la cottura del mosto all'interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame (si tratta infatti di un buon conduttore termico che non si degrada eccessivamente). Il tempo di cottura è fondamentale per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in quanto durante questo processo avvengono la gran parte delle reazioni biochimiche; normalmente varia tra un'ora e due ore e mezza. Durante la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di acqua bollente ad alta pressione, si ha anche l'importante processo di sterilizzazione del mosto. Sempre durante questa operazione avviene l'aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene considerata come il "cuore" del birrificio.
Nel corso dell'ebollizione, in seguito a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del malto, si formano complessi insolubili che costituiscono il trub a caldo. Questo tende a precipitare al termine del processo e l'allontanamento è considerato fondamentale per la qualità e la stabilità della futura birra. Tale azione è effettuata mediante l'uso del whirlpool, tino nel quale il mosto giunge tangenzialmente generando una forza centrifuga che determina la raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e permette la separazione di una fase liquida limpida.
In seguito il mosto viene raffreddato fino a temperature per le quali può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6 gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella alta; viene inoltre insufflato ossigeno in quanto il processo si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi
La fermentazione si divide in due fasi; la prima, detta fermentazione principale, vede come principale protagonista il lievito, che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli aminoacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiae è più rapido (ci vogliono in genere tre o quattro giorni) di quello a bassa fermentazione, in quanto si svolge a temperature superiori, e i processi di fermentazione sono favoriti dal calore. Questo lievito inoltre risale in superficie e viene recuperato con schiumature, e per questo è notevolmente economico.
La fermentazione secondaria (detta anche maturazione) invece consiste nel lasciare per circa quattro o cinque settimane la birra in grosse vasche di maturazione, ad una temperatura compresa fra 0 e 2 gradi. Questa operazione permette di saturare di anidride carbonica la birra e di far depositare i residui di lievito, oltre che per armonizzare i vari ingredienti.
Infine c'è la pastorizzazione che è un processo al quale non tutte le birre vengono sottoposte, che consiste nel portare la birra a una temperatura di 60 gradi per distruggere alcuni microrganismi e quindi conservare maggiormente il prodotto. La birra non pastorizzata viene definita cruda.
Alla fine del processo la birra viene filtrata per toglierle i residui di opacità e infine imbottigliata o infustata.
Esistono alcune birre che sono "rifermentate in bottiglia". In questo caso, prima di chiudere il tappo, si aggiunge del lievito in modo che, oltre alle due ordinarie fermentazioni, ne avvenga una terza che aumenta il tasso alcolico. Sono un'eccezione le birre di frumento che, pur avendo lievito all'interno della bottiglia, mantengono una gradazione normale.
Stando a dati raccolti nel 2005, l'industria birraria è diventata un business di proporzioni globali, dominata da pochi soggetti internazionali[16] (InBev, Anheuser-Busch, SABMiller, Heineken, Carlsberg solo per citarne alcuni), accanto ai quali convivono molte migliaia di produttori minori che spaziano dai brewpub ai birrifici regionali.
Per avere un'idea dell'ordine di grandezza del giro d'affari, basti pensare che nel 2008 sono stati consumati oltre 180 miliardi di litri[17] di birra che fruttano entrate totali per un ammontare di circa 400 miliardi di dollari (dati 2007).[18]
Nel marzo 2008 la SABMiller divenne il più grande produttore di birra del mondo, acquistando l'olandese Royal Grolsch.[19] La belga InBev era quindi al secondo posto[20] di questa particolare "classifica" e l'americana Anheuser-Busch era in terza posizione. Tuttavia, il 18 novembre 2008 dalla fusione di queste ultime due società nacque la Anheuser-Busch InBev, che divenne così il leader mondiale del settore.[21][22]
Il primato dei consumi spetta ancora all'Europa con 72 litri/anno pro capite, anche se nel 2008 ha subito un calo della produzione e dei consumi[17]. Negli ultimi anni l'industria birraria si sta espandendo notevolmente in nuovi mercati emergenti come l'America Latina o in misura ancora maggiore l'Asia. La crescita è notevole soprattutto in Cina che è diventato il più grande mercato nazionale della birra con oltre 410 milioni di ettolitri prodotti[17]. Un caso particolare è quello dell'Oceania che, sebbene abbia consumi pro-capite al livello di quelli europei, conta poco in termini di volumi totali a causa della scarsa popolazione.
Per approfondire, vedi la voce Homebrewing. |
Accanto a questo business mondiale è molto attiva anche la produzione casalinga, che rispecchia nel piccolo la produzione industriale. In genere le attrezzature necessarie per una birrificazione casalinga sono raccolte in kit e distribuite da ditte specializzate.
Per la produzione casalinga sono disponibili tre diversi tipi di procedimenti, che differiscono tra di loro per la difficoltà e per la qualità del prodotto finale:
La produzione di birra da estratto salta alcune fasi importanti del processo, tra cui la mostificazione (mashing) e il lavaggio delle trebbie (sparging). Per questa ragione non è da considerarsi propriamente "birrificazione".
In Italia, il primo a coltivare luppolo per la produzione della birra fu il forlivese Gaetano Pasqui nel 1847; oggi, nel XXI secolo, ci sono pochi grandi birrifici tra i quali possiamo ricordare:
Il resto della produzione si fonda quasi esclusivamente sui microbirrifici. Con questo termine si intende un produttore artigianale di birra non pastorizzata (e generalmente, ma non sempre, non filtrata) con una produzione annuale limitata (in genere si pone il limite a 5.000 hl annui[24], più di recente a 10.000 hl).
Per approfondire, vedi la voce Birra artigianale. |
Il numero di microbirrifici è in continuo aumento, a partire dal 1996, quando contemporaneamente ne aprirono diversi.[25][26]
La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una varietà notevolissima con birre ispirate ai più diversi stili internazionali, ed anche create con ingredienti e aromatizzazioni inusuali come farro, frutta e castagne.
Da qualche anno diversi microbirrifici italiani hanno cominciato un'attività di esportazione dei loro prodotti, principalmente sul mercato Stati Uniti, ricevendo un ottimo apprezzamento, come testimoniano i principali siti di rating.[27]
Sono numerose le possibilità di classificare le birre.
La classificazione che trova maggior impiego fa riferimento al tipo di lievito utilizzato e, conseguentemente, al tipo di fermentazione. In questo senso le birre si dividono in tre grandi famiglie:
Spesso alle ale sono riconosciute caratteristiche di maggior complessità grazie ai sapori e agli odori ricchi di aromi floreali, speziati e fruttati, mentre le lager sono più frequentemente "pulite" ed evidenziano soprattutto il carattere di malto e luppolo.
Un'altra classificazione particolarmente intuitiva, ma poco significativa se utilizzata come unico fattore di discriminazione, è quella basata sull'indicizzazione del colore, generalmente misurato sulla scala SRM. Il colore dipende dal tipo di maltazione subito dai cereali impiegati. Altra caratteristica visiva della birra è data dalla limpidezza o dalla opacità generalmente dovuta alla presenza di lievito in sospensione (nelle birre di produzione industriale il lievito viene eliminato prima dell'imbottigliamento per mezzo di filtri).
Esiste anche una classificazione relativa al grado di amarezza percepito, misurato sulla scala IBU (International Bitterness Unit).
Un ulteriore classificazione è legata al grado alcolico, generalmente misurato in percentuale di alcol sul volume della bevanda ("titolo alcolometrico volumico"), o alla quantità di zuccheri fermentabili presenti nel mosto prima della fermentazione misurato in gradi Plato. Questo tipo di tassonomia ha particolare significato per l'industria e il fisco. Ogni nazione ha denominazioni caratteristiche talvolta derivanti dalla tradizione. La legislazione italiana prevede le seguenti categorie:
Uno stile di birra contraddistingue la bevanda tenendo conto di caratteristiche come colore, sapore, gradazione alcolica, ingredienti, metodo di produzione, ricetta, storia ed origini.
Per approfondire, vedi la voce Ale (birra). |
Una ale è una birra prodotta ad alta fermentazione, ovvero seguendo un processo che predilige temperature alte e durante il quale il lievito non sedimenta sul fondo del fermentatore, ma rimane in sospensione.
A questa grande famiglia appartengono stili birrari molto differenti: alcuni strettamente legati ad aree geografiche più o meno ristrette, come le ale belghe, altri di carattere più sovranazionale, come le birre di frumento ma che trovano comunque sfumature di regione in regione.
Le ale inglesi hanno un carattere fruttato, anche se meno evidente di quello delle belghe e spesso evidenziano maggiormente il malto e il luppolo. Si distinguono tra esse gli stili:
Le ale belghe sono in genere più fruttate delle inglesi, spesso speziate ed a volte acidule. Gli stili di questo paese sono davvero tanti e molte birre fanno stile a sé, ma tra i più riconosciuti troviamo:
Si annoverano infine alcuni "stili acidi" tipicamente belgi, sempre meno reperibili: le oud bruin, leggere e agrodolci, e le flemish red meno dolci e più acide, con commistioni tra i due stili.
Le ale tedesche annoverano le altbier di Düsseldorf - ambrate, non forti, maltate e piuttosto amare - e le chiare, leggere e delicate kölsch di Colonia. Sono entrambi degli stili ibridi in quanto fermentate con un lievito da alta fermentazione, ma ad una temperatura relativamente bassa e maturate ancora più al freddo. Hanno quindi gusto e aroma meno fruttato e più pulito rispetto alle vere e proprie ale.
Per approfondire, vedi la voce Stout. |
Le stout sono birre ad alta fermentazione, caratterizzate da un colore molto scuro (spesso nero) e una tostatura molto marcata; in genere, la gradazione è relativamente bassa e l'amaro intenso; l'aroma del luppolo è invece moderato, sovrastato da quelli tipici di cioccolato e caffè. Si possono distinguere:
Per approfondire, vedi la voce Birra di frumento. |
Sono birre ad alta fermentazione caratterizzate dall'ampio uso di frumento (50% e oltre). Gli stili più famosi sono quello tedesco (denotate come weizen, ovvero "birre di grano", o weisse, ovvero "birre bianche", per via dell'aspetto opalescente) e quello belga (blanche - in francese o wit - in fiammingo con lo stesso significato). Le affinità fra questi stili riguardano, oltre all'uso del frumento, il colore chiaro, la gradazione media ed un certo carattere speziato e acidulo. Le differenze non mancano: le blanche impiegano frumento non maltato, mentre nelle weizen è usato maltato; le blanche impiegano spezie come coriandolo e buccia d'arancia, mentre nelle weizen il carattere speziato è dovuto esclusivamente al lievito molto particolare, che produce anche un caratteristico aroma di banana.
In Germania si producono anche weizen scure, denominate dunkelweizen o dunkelweissen e birre di frumento più forti: le weizenbock. Infine le berliner weisse, caratteristiche della regione di Berlino, sono invece più leggere e decisamente acidule.
Per approfondire, vedi la voce Lager (birra). |
Una lager è una birra prodotta a bassa fermentazione, ovvero seguendo un processo che predilige temperature basse e durante il quale il lievito si deposita sul fondo del fermentatore.
Le più diffuse sono quelle chiare, tra le quali si distinguono:
Sebbene spesso si associ erroneamente il termine lager alla birra chiara, non mancano in realtà lager scure, tra cui:
Ci sono poi lager più forti, rappresentate in Germania dalla famiglia delle bock: di colore chiaro, gusto maltato appena equilibrato dal luppolo, in genere di gradazione alta (6,5% - 7,5% ma anche 8,0% per le scure e caramellate doppelbock). Ci sono poi altre lager "extra-strong" non appartenenti alle bock che, pur raggiungendo gradazioni alcoliche molto alte, rimangono comunque bilanciate e complesse nel sapore.
Esistono infine moltissimi altre lager "internazionali", poco caratterizzate e squisitamente industriali, associate a termini di mercato come ice o dry.
Per approfondire, vedi la voce Lambic. |
Il lambic è una specialità della regione del Payottenland, a sud ovest di Bruxelles, ed è un tipo di birra così diverso che è talvolta considerato come bevanda a sé stante rispetto al mondo delle birre.
Il processo birrario è detto "a fermentazione spontanea": non viene inoculato alcun lievito selezionato, ma la produzione usa lieviti e batteri selvatici presenti nell'ambiente ponendo i tini all'interno di apposite strutture ventilate; successivamente la birra è sottoposta a una lunga maturazione in botti di legno. Il lambic tradizionale non è frizzante ma "sgasato" e presenta un'intensità e ricchezza aromatica ineguagliabile, e in bocca è altrettanto complesso e sempre molto acido.
Spesso viene rifermentato con lambic di annate diverse, dando origine alle spumeggianti gueuze; se è invece rifermentato assieme a ciliegie di Schaerbeek o altri frutti come lamponi, ribes nero, pesche o fragole dà origine alle kriek (in realtà non tutte le kriek sono prodotte a partire da lambic ma talvolta vengono utilizzate come base altre birre delle Fiandre Occidentali).
Birre belghe: Dubbel · Flanders red ale · Framboise · Gueuze · Oud bruin · Saison · Tripel · Witbier
Birre britanniche: Barley wine · Bitter · Brown ale · India Pale Ale · Mild ale · Old ale · Porter · Stout
Birre statunitensi: Amber ale · American pale ale · Steam beer
Birre tedesche: Altbier · Bock · Dunkel · Export · Helles · Kellerbier · Kölsch · Märzen · Münchener · Rauchbier · Roggenbier · Schwarzbier · Weizen
Altri: Baltic porter · Bière de Garde · Biere de mars · Birra trappista · Irish red ale · Pale ale · Pilsener · Vienna lager
Vedi anche: Storia della birra · Categoria: Birra
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