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Coordinate: 2°59′S 35°21′E / 2.983°S 35.35°E
La gola di Olduvai, importante sito archeologico africano, è un avvallamento lungo circa 40 km, chiuso da ripide pareti, situato nella pianura di Serengeti, nel nord della Tanzania, e collegato alla Grande Rift Valley che si estende lungo l'Africa orientale. La dizione locale originale del nome, Oldupai, significa sisal in lingua masai; l'area, semi desertica, è infatti cosparsa di piante di sisal e acacia arbustiva.
Indice |
Olduvai è uno dei più importanti siti archeologici africani; i ritrovamenti effettuati in questa zona hanno svolto un ruolo importante nella nostra comprensione dello sviluppo e delle origini della specie umana.
Il sito fu scoperto casualmente nel 1911 dall'entomologo tedesco Wilhelm Kattwinkel mentre stava cercando di catturare una farfalla. Riavutosi dalla rovinosa caduta nel dirupo, Kattwinkel si rese subito conto dell'interesse scientifico di questa faglia che metteva in luce una serie stratigrafica di erosione geologica databile a qualche milione di anni fa. Da allora i suoi successori hanno continuato ad effettuare ricerche in questa gola e a proteggerne le pareti.[1]
Gli scavi furono iniziati negli anni trenta da Louis Leakey, e continuano tutt'oggi sotto la supervisione della famiglia Leakey. Nel 1959, la moglie di Louis - Mary - rinvenne il cosiddetto Australopithecus boisei o Zinjanthropus, il cui ritrovamento è commemorato in situ da una lapide. Nel 1972, a circa 40 km dalla gola, vennero scoperte sempre dalla Leakey le famose "orme di Laetoli": impronte fossilizzate di ominidi più antichi risalenti a circa 3 milioni e mezzo di anni fa.[2]
Milioni d'anni fa, il sito ospitava un grande lago con spiagge coperte da cenere vulcanica. Circa 500.000 anni fa, l'attività sismica provocò la deviazione di un piccolo corso d'acqua che, con la sua attività erosiva, ha successivamente aperto una fenditura nei sedimenti, rivelando sette strati sedimentari nella parete della gola. Gli aspetti geologici sono stati studiati in dettaglio da Richard Hay,[3] che lavorò nel sito tra il 1961 e il 2002.
La stratigrafia della gola è estremamente profonda e ripida; gli strati di cenere e pietra consentono la datazione radiometrica (basata principalmente su potassio e argo) degli artefatti che vi si trovano. La base dei sedimenti risulta avere un'età di oltre due milioni di anni e i primi artefatti sono stati trovati nello strato immediatamente superiore.[4] Fra i primi artefatti trovati a Olduvai vi sono piccoli utensili di pietra, "chopper" e bifacciali, datati circa a due milioni di anni fa, ma sono stati ritrovati anche fossili di antenati della specie umana risalenti a circa due milioni e mezzo di anni fa.
Il più antico deposito archeologico della zona, noto come "Bed I", contiene tracce di accampamenti e utensili in pietra basaltica o quarzo utilizzati anche per produrre scintille; questi utensili sono ora chiamati Olduviani dal nome del sito e si ritiene che questa tecnologia sia iniziata 2,5 milioni di anni fa. Le ossa ritrovate non appartengono a esseri umani moderni ma a ominidi delle specie Australopithecus boisei e Homo habilis.
Nello strato "Bed II", situato subito sopra nella stratigrafia della gola, gli utensili di pietra sono sostituiti da strumenti più sofisticati costruiti da una popolazione di Homo ergaster. La datazione non è ancora ben certa, ma si ritiene che sia databile a circa un 1,75 e 1,2 milioni di anni fa.[5]
Gli strati "Bed III" e "Bed IV" mostrano ossa fossili e strumenti del periodo acheuleano che risalgono a oltre 600.000 anni fa.
Negli strati ancora superiori sono stati trovati artefatti dell'uomo moderno: tali strati sono stati battezzati "Masek Bed" (formatisi nel periodo di intensa attività vulcanica e formazione di faglie compreso tra 600.000 e 400.000 anni fa), "Ndutu Bed" (da 400.000 a 32.000 anni fa), e "Naisiusiu Bed" (da 22.000 a 15.000 anni fa).
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