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po' (adj.)
≠ tanto
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⇨ (alla volta un po') • (un po) per... • (un) po' • (un) po', goccio • per un po' • per un po'* • po' di • un po' • un po' di • un po' di tempo • un po' di* • un po' male • un po' meglio • un po'* • un po'troppo grazioso
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Po (n. pr.)
po' (adj.)
peu (fr)[Classe]
peu (intensité); adv. d'adjectif (fr)[ClasseHyper.]
déterminant de quantité (non numéral), quantitative determinant (not numeral) (fr)[Classe...]
un'ombra di, un pochino di, un poco di, un tantino di[Syntagme]
little (en)[Syntagme]
tanto[Ant.]
po' (n.)
parte[Hyper.]
frazionario[Dérivé]
po' (n.)
Wikipedia
Po | |
---|---|
La sorgente del Po a Pian del Re |
|
Stato | Italia |
Regioni | Piemonte Lombardia Emilia-Romagna Veneto |
Lunghezza | 652/682 km[1] |
Portata media | 1 540 m³/s |
Bacino idrografico | 71000 km² |
Altitudine sorgente | 2022 m s.l.m. |
Nasce | Monviso - Pian del Re |
Sfocia | Mare Adriatico |
Il Po è un fiume dell'Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km[1], lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano[2], quello con il bacino più esteso (circa 71.000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa minima (assoluta 270 m³/s), media (1.540 m³/s) o massima (13.000 m³/s).
Ha origine in Piemonte, bagna quattro capoluoghi di provincia (nell’ordine Torino, Piacenza, Cremona e Ferrara) e segna per lunghi tratti il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, nonché tra quest’ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con 6 rami. Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante, che da esso prende il nome (pianura o valle padana).
In ragione della sua posizione geografica, della sua lunghezza, del suo bacino e degli eventi storici, sociali ed economici che intorno ad esso hanno avuto luogo dall'antichità fino ai giorni nostri, il Po è riconosciuto come il più importante corso fluviale italiano.
Indice |
Il Po era chiamato dai Greci Ἠριδανός Eridanós (da cui il latino Eridanus e l'italiano letterario Eridano). Questo nome in origine indicava un fiume mitico che sfociava nell'Oceano e solo in seguito venne identificato con il Po. Eridanós contiene l'antichissima radice (*rdn) comune ad altri fiumi europei (Rodano, Reno, Danubio).
Presso i Liguri era detto Bodinkòs, da una radice indoeuropea (*bhedh-/*bhodh-) che indica "scavare", la stessa da cui derivano i termini italiani "fossa" e "fossato".[3]
Il nome latino Padus - da cui l'aggettivo "padano" - deriverebbe secondo l'opinione più diffusa dalla stessa radice di Bodinkòs; secondo un'altra versione deriverebbe dalla parola celtoligure pades, indicante una resina prodotta da una qualità di pini selvatici particolarmente abbondante presso le sue sorgenti.
Il nome italiano Po deriva appunto dalla contrazione di Padus (Padus > Pàus > Pàu > Pò); in diverse lingue europee, soprattutto slave (ceco, slovacco, polacco, sloveno, serbo, croato) ma anche in romeno, il fiume è ancora oggi chiamato Pad.
Attraversa con il suo corso gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana.
Sulle sue rive abitano circa 16 milioni di persone e sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il Po e il suo bacino una zona nevralgica per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali.
La sua sorgente si trova in Piemonte in provincia di Cuneo sulle Alpi Cozie e precisamente in Località Pian del Re (comune di Crissolo) ai piedi del Monviso (3.841 m), sotto un grosso masso riportante la targa che ne indica l'origine. Arricchendosi notevolmente dell'apporto di altre innumerevoli sorgenti (non è errato affermare che "il Monviso stesso è la sorgente del Po"), prende a scorrere impetuoso nell'omonima valle.
Da qui sbocca in pianura dopo appena una ventina di km lambendo i territori della città di Saluzzo. In questo tratto vari affluenti arricchiscono la portata del fiume che entra in breve nella provincia di Torino attraversandone lo stesso capoluogo. A Torino il fiume, nonostante abbia percorso solo un centinaio di km dalle sorgenti, è già un corso d'acqua notevole con un letto ampio 200 m e una portata media già prossima ai 100 m³/s.
Con andamento verso est, costeggia poi le estreme propaggini del Monferrato giungendo nella piana Vercellese dove si arricchisce dell'apporto di importanti affluenti come la Dora Baltea e la Sesia. Piegando con corso verso sud, continua poi a lambire in sponda destra il Monferrato in provincia di Alessandria, bagnando le città di Casale Monferrato e Valenza (Italia). Qui funge anche da confine regionale tra Piemonte e Lombardia cominciando ad assumere dimensioni maestose.
Presso Bassignana, il fiume punta definitivamente verso est per merito anche della forte spinta del Tanaro, suo principale tributario di destra. Dopo questa confluenza il Po, ormai possente nella portata (oltre 500 m³/s), entra in territorio lombardo scorrendo in provincia di Pavia. Pochi km a sud del capoluogo pavese il fiume riceve il contributo essenziale del Ticino, suo principale tributario per volume d'acque, diventando così navigabile (grazie alla sua portata ora di oltre 900 m³/s) anche da grosse imbarcazioni sino alla foce.
Dopo questa confluenza il fiume prende a scorrere per parecchi km nella zona di confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, bagnando città importanti come Piacenza e Cremona, scorrendo all'interno della provincia di Mantova, ricevendo contributi notevoli dagli affluenti alpini Adda, Oglio e Mincio e moltissimi altri fiumi minori provenienti dall'Appennino che ne accrescono la portata ad oltre 1.500 m³/s.
Giunto infine nella zona di Ferrara il fiume scorre "pensile" sul confine tra Veneto (provincia di Rovigo) ed Emilia-Romagna, nella regione storica del Polesine.
Qui il fiume inizia il suo ampio delta (380 km²), dividendosi in 5 rami principali (Po di Maestra, Po della Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e Po di Goro) e 14 bocche; un ulteriore ramo secondario (il Po di Volano) che attraversa la città di Ferrara, è ora inattivo. Il grande fiume sfocia quindi nel Mare Adriatico, attraversando territori appartenenti ai Comuni di Ariano nel Polesine, Goro, Porto Tolle, Taglio di Po e Porto Viro.
Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Nel suo corso in pianura il Po si divide spesso in diversi rami formando diverse isole fluviali, la più grande delle quali (escludendo quelle presenti alla foce) è l'Isola Serafini, situata nei pressi della foce dell'Adda a Castelnuovo Bocca d'Adda, ma estesa circa 10 km² all'interno del comune di Monticelli d'Ongina.
Complessivamente il Po attraversa (dalla sorgente alla foce) 13 province: Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria (regione Piemonte), Pavia, Lodi, Cremona e Mantova (regione Lombardia), Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara (regione Emilia-Romagna) e Rovigo (regione Veneto). Sono 183 i comuni rivieraschi (che toccano le sponde del fiume) appartenenti alle 13 province rivierasche del Po
Il bacino idrografico del Po (ampio circa 71.000 km²) copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale dell'Appennino ligure e tosco-emiliano cosicché il regime del fiume è misto di tipo alpino (piene tardo-primaverili ed estive e secche invernali) ed appenninico (piene primaverili ed autunnali e secche estive), pur prevalendo in ogni caso il regime appenninico poiché, a dispetto dell'alimentazione estiva da parte dei ghiacciai alpini, le minime portate si riscontrano comunque nel corso dell'estate (solitamente in agosto), fenomeno accentuato negli ultimi decenni dalla progressiva riduzione dei ghiacciai alpini.[4]
Le piene del fiume, generalmente concentrate in autunno a causa delle piogge, sono abbastanza frequenti e possono essere anche imponenti e devastanti come avvenuto svariate volte nel secolo scorso. Per questo sono molto importanti gli argini e golene: novembre 1951, ottobre 1968, settembre 1993, novembre 1994 e ottobre 2000. L'ultima escrescenza, in ordine di tempo, quella dell'aprile 2009.
Determinanti nella loro formazione sono soprattutto i tributari piemontesi del Po (Dora Baltea, Sesia e Tanaro in particolare) e lombardi (Ticino). Per fare alcuni esempi, durante la piena del novembre 1994 il fiume mostrò già in Piemonte, dopo la confluenza del Tanaro, una portata di colmo di oltre 11.000 m³/s, quasi paragonabile a quella poi transitata molto più a valle nel Polesine.
Lo stesso avvenne anche nell'ottobre 2000, sempre in Piemonte, dove il fiume superò già a partire dal comune di Valenza i 10.000 m³/s di portata massima di piena a causa soprattutto dei contributi pesantissimi di Dora Baltea e Sesia.
I valori massimi assoluti di portata del Po sono stati raggiunti durante gli eventi alluvionali del 1951 e del 2000 con picchi di oltre 13.000 m³/s nel medio-basso corso.
Il Po è alimentato da innumerevoli torrenti e fiumi che raggruppano un insieme di ben 141 affluenti. Tra questi citiamo, nell'ordine con il quale affluiscono al Po:
Si trovano lungo le rive del Po le seguenti città:
Si trovano a poca distanza dal suo corso le seguenti città:
L'opera cartografica fu proseguita con l'instaurazione del Regno Lombardo-Veneto dagli austriaci, che disegnarono il tratto da Ficarolo fino alla confluenza del Ticino (1815).
Due carte di 47 tavole (530x889 mm) furono realizzate nel 1821. Queste mappe furono successivamente aggiornate una da Elia Brambilla (2000) e l'altra da Francesco Brioschi (1872).
Solo con l'Unità d'Italia si otterrà un'opera cartografica più completa del fiume, quando Francesco Brioschi (1887) realizzò una nuova mappa a stampa da Moncalieri fino al delta. La mappa è in un'unica tavola (730x9000 mm) in scala 1:50.000. Questa mappa è ancora oggi utilizzata per gli aggiornamenti e la rappresentazione del fiume.
Per approfondire, vedi la voce Autorità di bacino del fiume Po. |
Fino alla riforma attuata nel 2002, il Po e i suoi affluenti erano soggetti all'autorità del Magistrato per il Po, un organo del Ministero dei lavori pubblici con sede a Parma, istituito nel 1955, dopo la catastrofica alluvione del 1954, per coordinare e, dal 1962, unificare le competenze dei vari organi competenti. Peraltro, già nel 1806 Eugenio di Beauharnais, Viceré d'Italia, aveva istituito un Magistrato civile per lavori generali che riguardano il grande sistema del Po.
In seguito alla riforma del 2002, correlata al decentramento di funzioni dallo Stato alle regioni, l'intero Bacino del Po è stato affidato ad un'agenzia interregionale denominata Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO[5]), anch'essa con sede a Parma, alla quale sono state trasferite le competenze del vecchio Magistrato con in più alcune nuove competenze sulla navigazione interna. L'AIPO è un ente strumentale di quattro delle Regioni che compongono il bacino del Po: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. La Regione Valle d'Aosta e le province Autonome di Trento e Bolzano usufruiscono di speciali uffici locali. La Regione Liguria e la Regione Toscana affidano la gestione dei corsi d'acqua del bacino ricadenti nei loro territori all'AIPO mediante "protocolli d'intesa" e particolari "convenzioni".
L'attività di pianificazione del bacino è curata dall'Autorità di Bacino del fiume Po (AdBPo), organismo misto Stato-Regioni. L'AIPO attua la pianificazione redatta dall'AdBPo mediante attività di programmazione degli interventi e gestione dei corsi d'acqua, oltre al "servizio di piena", mediante 12 sedi periferiche che coprono l'intero bacino: da ovest verso est, Torino, Alessandria, Pavia, Milano, Piacenza, Cremona, Parma, Reggio nell'Emilia, Mantova, Modena, Ferrara e Rovigo.
Attorno al X secolo a.C. la linea di costa era arretrata di circa 10 km rispetto a quella attuale. Il Po giungeva in mare con due estuari: sfociava a nord vicino all'attuale Chioggia, mentre a sud si gettava in mare in un punto equidistante rispetto alle attuali Ferrara e Ravenna. Il fiume si divideva in due rami all'altezza dell'attuale Ficarolo [6].
Nel VI secolo a.C. i greci fondarono sul ramo nord del Po l'emporio di Adria e, in poco tempo, presero a denominare Adrias Kolpos tutta la parte settentrionale del mare Adriatico. Successivamente, gli Etruschi fondarono sul ramo meridionale la città di Spina. Intanto, col tempo, si era verificata una modifica del regime delle acque, in seguito alla quale assunse la preminenza l'alveo meridionale [7]. Tra la protostoria e l'età romana il ramo di Adria si ridimensionò, mentre si incrementò il ramo meridionale. Lo dimostrano le vicende delle due città: mentre Adria visse un periodo di crisi, Spina conobbe il suo massimo splendore. Il Po ad Adria si interrò nel volgere di alcuni secoli [8].
Forse a causa del grosso afflusso di acque, il ramo spinetico raddoppiò: nacquero l'Olana (ora Po di Volano) e il Padoa (da cui deriva il nome Po). Della allora linea di costa rimangono antichi dossi fossili: l'Argine Agosta all'interno delle Valli di Comacchio. L'Olana sfociava più a nord rispetto a Spina ed aveva anche un'ulteriore diramazione verso nord da cui nasceva il tratto detto Gaurus (da cui derivano i nomi Goro e Codigoro) che sfociava nei pressi dell'attuale Mesola; le dune fossili di Massenzatica a sud e dall'altra sponda quelle di San Basilio testimoniano l'antica foce.
In epoca romana i porti più importanti sul Po furono: Cremona, Piacenza, Brescello, Ostiglia, Vicus Varianus (l'attuale Vigarano Mainarda) e Vicus Hobentia (l'attuale Voghenza).
Tre famosi autori romani descrissero il corso del fiume Po:
Ravenna, posta all'estremità meridionale del Delta, fu collegata al ramo spinetico tramite la Fossa Messanicia, un canale artificiale lungo 18 km.
In epoca medioevale il ramo principale del delta era costituito dall'attuale Po Morto di Primaro, formatosi nell'VIII secolo più a sud del Padoa, che scorre a sud delle Valli di Comacchio e che, dalla metà del XVIII secolo, costituisce la parte terminale del fiume Reno (anch'esso un tempo affluente del Po) nel quale il Reno stesso fu convogliato a seguito della creazione del Cavo Benedettino.
Anche il Po di Volano, che scorre a Ferrara, era uno dei due corsi principali: questa situazione si protrasse fino al 1152, anno della Rotta di Ficarolo. A seguito di forti e frequenti precipitazioni, il fiume ruppe la diga del nord presso i giunti delle braccia, a Ficarolo, nell'allora Transpadana Ferrarese; il corso del fiume si modificò e cominciò gradualmente ad assumere la conformazione attuale.
Il nuovo tratto, più breve degli altri, dove l'acqua scorreva quindi più veloce, divenne il corso principale chiamato Po di Tramontana e poi Po di Venezia, deviando dal Po di Volano a Pontelagoscuro, qualche chilometro a nord di Ferrara.
Tra il 1600 e il 1604 la Repubblica di Venezia, nonostante le rimostranze dello Stato Pontificio, deviò il tratto finale del corso del Po tramite l'opera che fu chiamata "taglio di Porto Viro".
Questa modifica estese in pochi anni il delta verso est, formando nuovi territori compresi nell'attuale Delta del Po, interrando parzialmente la sacca di Goro. Si formarono da nord a sud i rami del Po di Levante, Po di Maistra, Po di Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e il Po di Goro (che preesisteva ma raddoppiò la lunghezza). Inoltre a sud e a nord dell'attuale delta, nelle aree litoranee private di apporto di sedimenti, in aggiunta al fenomeno della subsidenza, si acuirono fenomeni di erosione del cordone dunoso litoraneo e delle spiagge.
Una mappa del 1693 chiama Po di Venezia la biforcazione nord del Po di Goro. Proseguendo verso est e giunto nei pressi di Donada lo stesso ramo viene denominato Po delle Fornaci.
Il Po di Levante, durante le grandi bonifiche operate negli anni trenta del secolo scorso, riguardanti l'idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco, venne staccato dal Po di Venezia, rimanendone collegato tramite la conca di navigazione di Volta Grimana, e divenne il ramo terminale del Canalbianco.
Il Po di Volano raggiunge il mare con un piccolo estuario sfociando nella sacca di Goro.
Il Po ed i suoi affluenti presentano una fauna ittica originaria del più alto interesse biogeografico ed ecologico, con un altissimo tasso di endemismo. Purtroppo a partire dalla seconda metà del XX secolo sono state introdotte molte specie ittiche alloctone che hanno inquinato questa straordinaria biodiversità conducendo a rarefazione molte specie endemiche.
Alcune specie endemiche o subendemiche dell'area padana sono qui di seguito riportate:
Ordine | Famiglia | Nome scientifico | Nome comune | Immagine |
---|---|---|---|---|
Acipenseriformes | ||||
Acipenseridae | ||||
Acipenser naccarii | Storione cobice | |||
Cypriniformes | ||||
Cobitidae | ||||
Sabanejewia larvata | Cobite mascherato | |||
Cyprinidae | ||||
Barbus caninus | Barbo canino | |||
Barbus plebejus | Barbo italico | |||
Chondrostoma genei | Lasca | |||
Chondrostoma soetta | Savetta | |||
Rutilus aula | Triotto | |||
Rutilus pigus | Pigo | |||
Telestes muticellus | Vairone | |||
Perciformes | ||||
Gobiidae | ||||
Knipowitschia panizzae | Ghiozzetto di laguna | |||
Knipowitschia punctatissima | Ghiozzetto striato | |||
Padogobius bonelli | Ghiozzo padano | |||
Pomatoschistus canestrinii | Ghiozzetto cenerino | |||
Petromyzontiformes | ||||
Petromyzontidae | ||||
Lethenteron zanandreai | Lampreda padana | |||
Salmoniformes | ||||
Salmonidae | ||||
Salmo trutta marmoratus | Trota marmorata |
Di seguito una lista parziale di alcuni dei più diffusi alloctoni:
Tra tutte queste specie alcune (Siluro soprattutto ma anche Aspio e Lucioperca) sono estremamente dannose in quanto potenti predatori che divorano quotidianamente grandi quantità di pesci mentre altre (ad esempio Breme, Blicca, Gardon, Rodeo, ecc.) danneggiano la fauna autoctona in quanto competitori.
Nell'agosto del 2009 è stato pescato, nelle acque del fiume, un piranha della specie Pygocentrus nattereri.[10]
Per approfondire, vedi la voce Disastro ambientale del fiume Lambro. |
Il 24 febbraio 2010, nelle acque del Po si è verificato il più grave disastro ambientale della storia del fiume, a causa dello sversamento di milioni di litri di petrolio e idrocarburi che, attraverso l'affluente Lambro, hanno raggiunto il Po. La marea nera, secondo una stima del WWF, sarebbe rimasta nel grande fiume almeno 5 giorni e non era escluso che il petrolio potesse raggiungere il mar Adriatico.
La notte tra il 22 e il 23 febbraio 2010 in una raffineria in disuso, la "Lombarda Petroli", sita a Villasanta vicino a Monza, degli ignoti criminali hanno sabotato tre silos pieni di petrolio per abitazioni e di idrocarburi. Attraverso i canali di scolo le sostanze inquinanti fuoriuscite dai serbatoi hanno raggiunto il fiume Lambro. Spinto dalla corrente del fiume, il petrolio cominciò a viaggiare verso il Po. L'allarme scattò immediatamente e i vigili del fuoco, i volontari della protezione civile e i tecnici dell'ARPA predisposero delle barriere per impedire che la marea nera giungesse al Po.
Nonostante il lavoro incessante durato tutta la notte, la marea nera nelle tarda mattinata del 24 febbraio raggiunse il Po nei pressi di Piacenza.
Secondo il WWF la marea nera sarebbe giunta entro il 1º marzo al mare Adriatico con conseguenze devastanti. Per scongiurare questo rischio, la "task force" formata dai Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Corpo Forestale dello Stato e i tecnici dell'ARPA pose lungo il corso del Po delle barriere di materiale assorbente lunghe 100 m, per impedire che il petrolio raggiungesse il mare. Fortunatamente, queste barriere funzionarono e gran parte del petrolio venne trattenuto; solo una piccolissima parte degli idrocarburi raggiunse il delicatissimo ecosistema del delta e quindi il mare, ma dopo breve tempo si vaporizzò grazie all'azione del vento e del sole.
In generale, gli effetti del petrolio sull'ecosistema del Po sono stati molto più limitati rispetto ai danni subiti dal suo affluente Lambro, dato che è proprio in questo fiume che gli idrocarburi si sono maggiormente riversati.
Conteùdo de sensagent
calculado em 0,062s