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Simurg, anche noto con i nomi di Simurgh, Semuru o Senmurv, era secondo le leggende persiane, l’uccello che viveva sull’albero dei semi, da cui erano generati i semi di tutte le piante selvatiche, posizionato accanto all’albero dell’immortalità (secondo alcuni studiosi, l’albero era invece l’albero della scienza, paragonato a Yggdrasill delle leggende scandinave). Il suo nome deriva dall'avestico Saena Meregha (Saena=Aquila Meregha=Uccello).
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Il compito principale del Simurgh era quello di far cadere a terra i semi dell’albero che lo sosteneva, posandovisi sopra. Le sue penne avevano proprietà magiche e taumaturgiche e le sue ali, quando spiegate, creavano un spessa foschia sulle montagne. Viveva solitamente sulla cima degli inaccessibili picchi caucasici e in modo analogo all’uccello Garuda, odiava i serpenti e combatteva i Naga. Nelle fonti più antiche il Simurgh è descritto come un uccello gigantesco, per molti versi simile al Roc, oppure come simile al Grifone, in parte cane e in parte uccello, e assume il ruolo di unificatore del cielo con la terra. Al contrario, i commentatori moderni ne hanno abbassato il prestigio, fino a dipingerlo come un colorato uccello di corte; Gustave Flaubert lo descrive come un uccello dalla testa umana, il piumaggio aranciato, dotato di 4 ali, e lunga coda di pavone. Per certe sue caratteristiche il Simurg ricorda anche altri uccelli mitologico come il Turul della tradizione turco-ungherese.
Il poema persiano del XIII secolo Il Verbo degli uccelli narra di come tutti gli uccelli della terra decisero di andare in cerca del Simurgh; dopo molte difficoltà, rimasero solo in trenta per cercare la creatura, il cui nome significa proprio trenta, ma si accorsero che l’asprezza del viaggio li aveva purificati, trasformando loro stessi in Simurgh.
Altre fonti gli attribuiscono caratteristiche simili a quelle della Fenice: poteva vivere 1700 anni, ma si dava fuoco quando nascevano piccoli del sesso opposto.
Una leggenda del Kashmir racconta di un re che catturò un Simurgh per ascoltarne il leggendario canto, ma l’uccello si rifiutò di cantare; la moglie del re quindi, ricordando che un Simurgh canta solo quando vede un proprio simile, mise uno specchio davanti alla gabbia, ma il Simurgh, contemplandosi, cantò una melodia tristissima e morì.
In arabo il Simurgh è noto come ʿAnqāʾ.
Anche oggi la figura del Simurgh ha riflessi sulla cultura. Ne sono esempio: i Radiodervish,( [1]) ensemble musicale che mescola influenze arabe ed occidentali, con l'album "In Search of Simurgh";
Il Laboratorio Permanente sull'Arte dell'Attore di Domenico Castaldo,([2]) interessante ensemble teatrale torinese che da tre anni lavora "sulle orme del Simurgh" in un progetto di formazione di attori e di scambio internazionale. "Il verbo degli uccelli" ( Mantiq al-tayr ) di Farīd al-Dīn ʿAttār è stato scelto come sorta di manuale per un viaggio di crescita degli attori coinvolti e come fonte per gli spettacoli prodotti.
Il Simurgh compare anche nel videogioco "Kohan:Immortal Sovreigns" , in cui è rappresentato come un mostruoso essere a quattro zampe.
Il Simurg ha anche ispirato i fondatori di una società (Simurg Ricerche) di Livorno che si occupa di ricerca socio-economica e che fonda la sua filosofia aziendale sul mito del Simurg come simbolo di conoscenza, di aspirazione al sapere.
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