definição e significado de Universo | sensagent.com


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Definição e significado de Universo

Definição

definição - Wikipedia

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Sinónimos

Locuções

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Dicionario analógico

Wikipedia

Universo

                   
bussola Disambiguazione – Se stai cercando il romanzo di fantascienza, vedi Universo (romanzo).
Universo
Big bang manifold (it).png
Struttura a grande scala dell'universo
Singolarità gravitazionale
Inflazione cosmica
Varianza cosmica
Universo di de Sitter

L'universo viene comunemente definito come tutto ciò che esiste, il che comprende tutta la materia e l'energia, i pianeti, le stelle, le galassie e il contenuto dello spazio intergalattico. L'osservazione scientifica delle fasi iniziali dello sviluppo dell'universo, che possono essere osservate sulle grandi distanze, suggerisce che l'universo sia stato governato dalle stesse leggi e costanti fisiche durante la maggior parte della sua storia. Ci sono varie teorie del multiverso, nelle quali cosmologi e fisici suggeriscono che il nostro universo sia solo uno tra i molti universi che possono esistere.

Indice

  Etimologia, sinonimi e definizioni

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Cosmo, Natura e Mondo nella filosofia.

Il termine universo deriva dal latino universus (tutto, intero) parola composta da unus (uno) e versus (volto, avvolto. Part. pass. di vertere).[1] La parola latina fu usata spesso da Cicerone e tardi autori latini con il senso posseduto oggi in italiano.[2]

La contrazione poetica Unvorsum, di cui universus è una variante, fu usata per la prima volta da Tito Lucrezio Caro nel Libro IV (capoverso 262) del suo De rerum natura ("Sulla natura delle cose").[3] Secondo una particolare interpretazione, essa significherebbe "tutto ciò che ruota come uno" o "tutto ciò che viene ruotato da uno". In questo senso, essa può essere considerata come una traduzione da un'antica parola greca per l'universo, περιφορά, (periforá, "circumambulazione"), originariamente usata per descrivere il percorso del cibo, che veniva servito lungo la "cerchia" dei commensali.[4] περιφορά si riferiva a uno dei primi modelli greci dell'universo, quello delle sfere celesti, che secondo Aristotele erano messe in moto, per l'appunto, da un unico "essere", il cosiddetto "Primo Mobile" o "Primo Motore".

Un altro termine per "universo" nell'Antica Grecia era τὸ πᾶν (tò pán, vedi Il Tutto, Pan (mitologia)). Termini correlati erano materia (τὸ ὅλον, tò ólon, let. "legna") e luogo (τὸ κενόν, tò kenón).[5][6] Altri sinonimi per universo tra i filosofi dell'antica Grecia includevano κόσμος (cosmo) e φύσις (significante Natura, e da cui deriva la parola "fisica").[7] Si ritrovano gli stessi sinonimi tra gli autori latini (totum, mundus, natura)[8] e infine nel linguaggio moderno, ad esempio nelle parole tedesche Das All, Weltall, e Natur, oltre che, naturalmente, in italiano.[9]

  La definizione più ampia: realtà e probabilità

La più ampia definizione di universo la si ritrova nel De divisione naturae del filosofo e teologo medioevale Giovanni Scoto Eriugena, che lo definì semplicemente come il tutto: tutto ciò che è creato e tutto ciò che non è creato.

  Definizione come "Realtà"

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Realtà e Fisica.

Più comunemente, l'universo viene definito come tutto ciò che esiste. Secondo le nostre attuali conoscenze, esso consiste allora di tre elementi fondamentali: spaziotempo, energia (che comprende quantità di moto e materia) e leggi fisiche.

  Definizione dell'universo come spazio-tempo connesso

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Teoria delle "bolle".

È possibile concepire degli spazio-tempi disconnessi, esistenti ma incapaci di interagire l'uno con l'altro. Una metafora facilmente visualizzabile di ciò è un gruppo di bolle di sapone separate. Gli osservatori vivono su una "bolla" e non possono interagire con quelli eventualmente presenti sulle altre bolle di sapone, nemmeno in linea di principio. Secondo una terminologia comune, ciascuna "bolla" di spaziotempo è un universo, mentre il nostro particolare spaziotempo viene indicato come l'"Universo", allo stesso modo del fatto che indichiamo la nostra luna come la "Luna". L'insieme di tutti gli spaziotempi viene chiamato multiverso[10]. In linea di principio, gli altri universi disconnessi dal nostro possono avere differenti dimensionalità e topologie spazio-temporali, forme differenti di materia ed energia, oltreché diverse leggi e costanti fisiche, sebbene queste siano attualmente solo delle speculazioni.

  La definizione più ristretta: l'universo come realtà osservabile

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Universo osservabile.

Secondo una definizione ancora più restrittiva, l'universo è tutto ciò che si trova nel nostro spazio-tempo connesso che può avere una chance di interagire con noi e viceversa. Secondo la teoria della Relatività generale, alcune regioni dello spazio non interagiranno mai con noi in tutta la durata dell'universo, a causa della sua espansione e della finitezza della velocità della luce. Per esempio, i radio messaggi emessi dalla Terra non raggiungeranno mai alcune regioni dello spazio nemmeno se l'universo durasse in eterno; infatti lo spazio si espande a velocità maggiori di quella della luce. Vale la pena di sottolineare che quelle regioni remote dello spazio vengono prese come esistenti ed essere parte della realtà tanto quanto noi; eppure, non saremo mai in grado di interagire con loro. La regione spaziale nella quale possiamo influire ed essere influenzati viene denotata come universo osservabile. Strettamente parlando, l'universo osservabile dipende dalla posizione dell'osservatore. Viaggiando, un osservatore può entrare in contatto con una regione di spazio-tempo più grande che se rimanesse fermo, dunque il suo universo osservabile sarà più grande se viaggia. Tuttavia, nemmeno il più rapido dei viaggiatori potrebbe essere capace di interagire con tutto lo spazio. In genere, per universo osservabile si intende l'universo osservabile dal nostro punto di vista nella Via Lattea.

  Storia della sua osservazione

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cosmologia.

Nel corso della storia registrata, diverse cosmologie e cosmogonie sono state proposte per spiegare le osservazioni sull'universo. I primi modelli quantitativi, geocentrici, sono stati sviluppati dai filosofi dell'Antica Grecia. Nel corso dei secoli, osservazioni più precise e teorie migliori sulla gravità hanno portato al modello eliocentrico di Niccolò Copernico e al modello del sistema solare di Isaac Newton, rispettivamente. Ulteriori miglioramenti nel campo dell'astronomia hanno portato a comprendere come il Sistema Solare sia incorporato in una galassia composta da miliardi di stelle, la Via Lattea, e che esistono altre galassie al di fuori di essa. Attenti studi sulla distribuzione di queste galassie e sulla loro riga spettrale hanno portato a gran parte della cosmologia moderna. La scoperta dello spostamento verso il rosso e della radiazione cosmica di fondo hanno rivelato che l'universo si sta espandendo e che apparentemente ha avuto un inizio.

  Questa immagine ad alta risoluzione del Campo ultra profondo di Hubble mostra una gamma diversificata di galassie, ciascuna composta da miliardi di stelle. L'area equivalente di cielo che l'immagine occupa viene visualizzata come una casella rossa nell'angolo in basso a sinistra. Le galassie più piccole, le più rosse, circa 100, sono alcune delle galassie più distanti che siano mai state riprese da un telescopio ottico.

Secondo il modello scientifico prevalente dell'universo, conosciuto come modello del Big Bang, l'universo si è espanso da una fase estremamente calda e densa chiamata epoca di Planck, in cui era concentrata tutta la materia e l'energia dell'universo osservabile. Dall'epoca di Planck, l'universo si è espanso fino alla sua forma attuale, forse con un breve periodo (meno di 10 -32 secondi) di inflazione cosmica.

Diverse misurazioni sperimentali indipendenti supportano questa teoria di espansione metrica dello spazio e, più in generale, la teoria del Big Bang. Osservazioni recenti indicano che questa espansione sta accelerando a causa della energia oscura, e che la maggior parte della materia nell'universo potrebbe essere in una forma che non può essere rilevata dagli strumenti attuali, e che quindi non viene conteggiata nei modelli attuali dell'universo. Questa forma di materia è stata denominato materia oscura[11]. L'imprecisione delle osservazioni attuali ha ostacolato le previsioni sul destino ultimo dell'universo.

Le interpretazioni attuali delle osservazioni astronomiche indicano che l'età dell'universo è di 13,75 ± 0,17 miliardi di anni[12] (mentre il disaccoppiamento della luce e della materia, si veda CMBR, avvenne già 380.000 anni dopo il Big Bang), e che il diametro dell'universo osservabile è di minimo 93 miliardi di anni luce[13]. Secondo la relatività generale, lo spazio può espandersi con velocità maggiore di quella della luce, anche se possiamo vedere solamente una piccola porzione dell'universo a causa delle limitazione imposte dalla velocità della luce stessa. Finché non potremmo osservare oltre i limiti imposti dalla luce (o, in generale, da ogni radiazione elettromagnetica), non si può stabilire se le dimensioni dell'universo siano finite o infinite.

  Modelli storici

Storicamente, diverse cosmologie e cosmogonie si sono basate su narrazioni degli eventi fra antiche divinità ma le prime teorie di un universo impersonale governato da leggi fisiche risalgono agli antichi greci e indiani. Nei secoli, nuove invenzioni di strumenti per l'osservazione e scoperte nel campo dei moti dei corpi e della gravitazione portarono ad una sempre più accurata descrizione dell'universo. L'era moderna della cosmologia ebbe inizio nel 1915 con la teoria della relatività generale di Einstein, che rese possibile fare ipotesi quantitative sull'origine, l'evoluzione e la conclusione dell'intero universo. La più moderna ed accettata teoria sulla cosmologia si basa sulla relatività generale e, più nello specifico, sull'ipotesi del Big Bang; tuttavia, misurazione ancora più attente sono necessarie per determinare quale ipotesi è corretta.

  Creazione

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Creazione.

Molte culture hanno storie che descrivono l'origine del mondo, le quali possono essere raggruppate sommariamente in una tipologia comune. In una di queste storie, il mondo è nato da un uovo cosmico; tra queste storie vi sono il poema epico finlandese Kalevala, la storia cinese di Pangu e l'indiano Brahmanda Purana. La creazione viene provocata da una singola entità la quale emanava o produceva qualcosa da essa stessa, come nel Buddhismo tibetano (Adi-Buddha) o come narrato per Gaia (Madre Terra), per il mito azteco di Coatlicue, per la divinità egiziana Atum e nella Genesi. In altri tipi di storie, il mondo viene creato dall'unione di una divinità maschile e di una femminile, come nella narrazione mitologica Māori di Rangi e Papa. In altre storie ancora, l'universo è creato dalla lavorazione di "materiale" preesistente, come per la narrazione epica babilonese Enûma Eliš, per quella norrena del gigante Ymir e per Izanagi e Izanami nella mitologia giapponese, o da dei principi fondamentali, come Brahman e Prakṛti o come lo yin e lo yang del Tao.

  Modelli filosofici

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Presocratici, Fisica aristotelica, Cosmologia induista e Tempo.

Dal VI secolo prima di Cristo, i Presocratici svilupparono il primo modello filosofico conosciuto dell'universo. Gli antichi filosofi greci notarono che l'apparenza poteva ingannare e che doveva essere compresa per delineare la realtà dietro l'apparenza stessa. In particolare, notarono che l'abilità delle cose di mutare forme (come il ghiaccio, in acqua e poi in vapore) e diversi filosofi proposero che tutti gli apparentemente differenti materiali del mondo sono forme diverse di un singolo materiale primordiale, chiamato Arché. Il primo a pensare ciò fu Talete, il quale affermò che questo materiale era l'acqua. Uno studente di Talete, Anassimandro, propose che ogni cosa provenisse dall'illimitato Ápeiron. Anassimene di Mileto, invece, propose l'aria come Arché, a causa delle sue qualità percepite attrattive e repulsive che le permetteva di condensarsi e dissociarsi in forme differenti. Anassagora, propose il principio dell'intelletto cosmico mentre Eraclito affermò che l'Arché fosse il fuoco (e parlò anche di Logos). Empedocle propose quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco, dando vita così ad una credenza molto popolare. Come Pitagora, Platone credeva che tutte le cose erano composte da numeri, trasformando gli elementi di Empedocle in "solidi". Democrito, e altri filosofi successivi - tra cui Leucippo -, propose che l'universo fosse composto da elementi invisibili, gli atomi, i quali si muovono all'interno del vuoto. Aristotele invece non credeva che fosse possibile perché l'aria, come l'acqua, generava una resistenza al moto. L'aria infatti si precipita a riempire un vuoto e, facendo ciò, il suo moto è indefinitivamente veloce e privo di resistenze. Anche se Eraclito parla di cambiamenti eterni, Parmenide, suo quasi contemporaneo, dà un radicale suggerimento, affermando che tutti i cambiamenti sono un'illusione e che la vera realtà è eternamente immutata e di una natura singola. Parmenide chiama questa realtà "Essere". La teoria di Parmenide sembrò implausibile a molti Greci ma un suo studente, Zenone di Elea sostenne questa teoria con diversi e famosi paradossi, i Paradossi di Zenone. Aristotele rispose a questi paradossi, sviluppando la nozione di una potenziale infinità numerabile, come l'infinitamente divisibile continuum. Diversamente dall'eterno e immutabile ciclo del tempo, egli credeva che il mondo fosse delimitato da sfere celesti e che questa magnitudine fosse solo finitamente moltiplicativa.

Il filosofi indiana Kanada, fondatore della scuola Vaisheshika, sviluppò una teoria di atomismo e propose la luce e il calore come varietà della stessa sostanza.[14]

Nel V secolo dopo Cristo, il filosofo buddhista Dignāga affermò che l'atomo è un punto adimensionale fatto di energia. Negò quindi l'esistenza di una sostanza materiale e affermò che il movimento consisteva in flash momentanei di un flusso di energia.[15]

La teoria del finitismo temporale si ispirò alla dottrina della Creazione tipica delle tre religioni abramitiche: giudaismo, cristianesimo e islamismo. Il filosofo cristiano Giovanni Filopono presentò un'argomentazione filosofica contro la nozione greca di un infinito passato ed un infinito futuro. L'argomentazione contro il passato fu usata dal filosofo islamico al-Kindi, dal filosofo ebraico Saadya Gaon e il teologo islamico Al-Ghazali. Facendosi prestare la "fisica" e la "metafisica" aristoteliche, idearono due argomentazioni logiche contro l'infinitezza del passato, la prima delle quali "argomenta dell'impossibilità dell'esistenza di un infinito attuale", che afferma:[16]

"Un infinito attuale non può esistere."
"Un infinito regresso temporale di eventi è un infinito attuale."
\Rightarrow "Un infinito regresso temporale di eventi non può esistere."

La seconda argomentazione era che "argomenta dell'impossibilità di completare un infinito attuale con un'adduzione successiva":[16]

"Un infinito attuale non può essere completato da una successiva aggiunta."
"Le serie temporali dei passati esempi è stata completata da aggiunte successive."
\Rightarrow "Le serie temporali dei passati eventi non può essere un infinito attuale."

Entrambi le argomentazioni furono adottate dai filosofi e teologi cristiani e la seconda argomentazione, in particolare, divenne molto famosa dopo che essa fu adottata da Immanuel Kant nelle sue famose tesi della prima antinomia sul tempo.[16]

  Modelli astronomici

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Storia dell'astronomia.
  Calcoli di Aristarco su relativamente da sinistra Sole, Terra e Luna, da una copia greca del X secolo d.C.

Modelli astronomici dell'universo furono proposti, poco dopo che l'astronomia si sviluppasse, dagli astronomi babilonesi che vedevano l'universo come un disco piatto posato su un oceano; tale idea fu la premessa per le mappe di Anassimandro ed Ecateo di Mileto.

In seguito, i filosofi greci, osservando i moti dei corpi celesti, si concentrarono su modelli di universo sviluppati molto più profondamente su prove empiriche. Il primo modello coerente fu proposto da Eudosso di Cnido. Secondo l'interpretazione fisica di Aristotele del modello, le sfere celesti ruotano con moto uniforme eternamente attorno ad una Terra immobile mentre gli elementi classici sono contenuti interamente nella sfera terrestre. Questo modello fu rifinito da Callippo di Cizico e il modello delle sfere concentriche fu abbandonato, raggiungendo la quasi totale adesione degli astronomi dopo le osservazioni astronomiche di Claudio Tolomeo. Il successo di questo modello è largamente dovuto alla matematica: ogni funzione (come la posizione di un pianeta) può essere decomposta in una serie di di funzioni circolari (le serie di Fourier). Altri filosofi greci, come il pitagorico Filolao affermò che al centro dell'universo vi era un "fuoco centrale" attorno cui la Terra, il Sole, la Luna e gli altri pianeti rivoluzionano in un moto uniforme circolare.[17] L'astronomo greco Aristarco di Samo fu il primo a proporre un modello eliocentrico. Anche se il testo originale è stato perso, un riferimento in un testo di Archimede descrive la teoria eliocentrica di Aristarco. Archimede scrive:

« Tu Re Gelone sei consapevole che l''universo' è il nome dato dalla maggior parte degli astronomi alla sfera al cui centro è la Terra, mentre il suo raggio è uguale alla linea che congiunge il centro del Sole dal centro della Terra. Questo è il punto in comune come hai potuto udire dagli astronomi. Tuttavia Aristarco ha messo in evidenza un testo che consiste in certe ipotesi, in cui appare, come una conseguenza delle ipotesi fatte, che l'universo è molte volte più grande dell''universo' appena menzionato. Le sue ipotesi dicono che le stelle fisse e il Sole rimangono immobili, che la Terra rivoluziona attorno al Sole sulla circonferenza di un cerchio, il Sole disteso nel mezzo dell'orbita, e che la sfera delle stelle fisse, situate circa nello stesso centro come il Sole, è così grande che il cerchio, nel quale lui suppone sia la Terra per ruotare, supporti una specie di proporzione rispetto alla distanza delle stelle fisse, come il centro delle sfere di supporto rispetto alla sua superficie. »

Aristarco quindi credeva che le stelle fossero molto distanti e vedeva questa lontananza come la ragione per cui non vi era un errore di parallasse visibile, il quale è un movimento osservato delle stelle relativo ad ognuna lungo il movimento della Terra attorno al Sole. Le stelle sono infatti molto più distanti rispetto a quanto presunto nei tempi antichi ed è ciò la causa dell fatto che l'errore di parallasse era visibile solo con il telescopio. Il modello geocentrico, consistente anche del parallasse planetario, fu ritenuto essere una spiegazione della non osservabilità del fenomeno del parallasse stellare. Il rifiuto di una visione eliocentrica fu apparentemente abbastanza forte, come il seguente passaggio di Plutarco suggerisce:

« Cleante [un contemporaneo di Aristarco e capo degli Stoici] pensava fosse dovere dei greci accusare Aristarco di Samo di empietà per aver messo in moto la Salute dell'universo, [...] supponendo che il cielo rimanga immobile e che la Terra rivoluzioni in un circolo obliquo, mentre ruotava, allo stesso tempo, attorno al suo stesso asse. »

L'unico astronomo conosciuto dell'antichità che abbia supportato il modello eliocentrico di Aristarco fu Seleuco di Seleucia, un astronomo greco che visse un secolo dopo Aristarco stesso.[18][19][20] Secondo Plutarco, Seleuco fu il primo a dare prova della correttezza del sistema eliocentrico attraverso il ragionamento ma non si ha conoscenza di quali argomentazioni abbia usato. Tali argomenti a favore della teoria eliocentrica furono probabilmente legati al fenomeno delle maree.[21] Secondo Strabone, Seleuco fu il primo ad affermare che le maree sono dovute all'attrazione della Luna e che la loro altezza dipende dalla posizione della Luna rispetto al Sole.[22] In alternativa, avrebbe potuto provare la teoria eliocentrica determinando la costante di un modello geometrico della teoria eliocentrica e sviluppando metodi per determinare le posizioni planetarie usando questo modello, come ciò che avrebbe fatto in seguito Corpernico nel XVI secolo.[23] Durante il Medioevo, il modello eliocentrico poteva essere proposto solo dall'astronomo indiano Aryabhata[24] e dai persiani Abu Ma'shar al-Balkhi[25] e Al-Sijzi.[26]

  Modello dell'universo copernicano di Thomas Digges, disegnato nel 1576, con un miglioramento ovvero le stelle non sono confinate in sfere ma disseminate uniformemente per tutto lo spazio circostante i pianeti.

Il modello aristotelico fu accettato nel mondo occidentale per circa due millenni, finché Copernico non ravvivò la teoria di Aristarco che i dati astronomici potevano essere spiegati più plausibilmente se la Terra ruotava attorno al proprio asse e se il Sole fosse posizionato al centro dell'universo.

« Nel centro vi è il Sole. Per chi avrebbe posto questa lampada di un bellissimo tempio in un altro o migliore posto di questo dal quale può illuminare tutto allo stesso tempo? »
(Nicola Copernico Capitolo 10, Libro 1, De Revolutionibus Orbium Coelestrum (1543))

Come fa notare Copernico stesso, l'idea che la Terra ruoti era molto antica, databile almeno fin da Filolao (ca. 450 a.C.), Eraclide Pontico (ca. 350 a.C.) ed Ecfanto di Siracusa. Circa un secolo prima di Copernico, uno studioso cristiano, Nicola Cusano, aveva anch'esso proposto che la Terra ruotava attorno al proprio asse nel suo stesso testo, La Dotta Ignoranza (1440).[27] Anche Aryabhata (476 - 550), Brahmagupta (598 - 668), Abu Ma'shar al-Balkhi e Al-Sijzi avevano presunto che la Terra ruotasse attorno al proprio asse.[senza fonte] La prima prova empirica della rotazione della Terra, ottenuta osservando le comete, fu data da Nasīr al-Dīn al-Tūsī (1201 - 1274) e da Ali Qushji (1403 - 1474).[senza fonte]

  Giovanni Keplero pubblicò le Tavole rudolfine contenente un catalogo di stelle e tavole planetarie realizzate usando le misurazioni di Tycho Brahe.

Questa cosmologia era accettata da Isaac Newton, Christiaan Huygens e altri scienziati.[28] Edmund Halley (1720)[29] e Jean-Philippe de Cheseaux (1744)[30] notarono, indipendentemente, che il presupposto di uno spazio infinito e saturo, uniforme con le stelle, avrebbe portato alla conclusione che il cielo notturno sarebbe dovuto essere luminoso come quello durante il dì; questa analisi divenne nota, nel XIX secolo come il Paradosso di Olbers.[31] Newton credeva che uno spazio infinito uniformemente saturo con la materia avrebbe causato infinite forze ed infinita stabilità che avrebbe portato la materia a condensarsi verso l'interno a causa della sua stessa gravità.[28] Questa instabilità fu chiarita nel 1902 dal criterio dell'instabilità di Jeans.[32] Una soluzione a questo paradosso è l'universo di Charlier, in cui la materia è organizzata gerarchicamente (sistemi di corpi orbitanti che sono loro stessi in orbita in sistemi più grandi, ad infinitum) in un frattale come ad esempio quello in cui l'universo ha una densità complessiva trascurabile; un modello cosmologico simile fu proposto precedentemente, nel 1761, da Johann Heinrich Lambert.[33] Un avanzamento astronomico significativo del XVIII secolo si ebbe con le nebulose, su cui discussero anche Thomas Wright e Immanuel Kant.[34]

La cosmologia fisica dell'era moderna cominciò nel 1917, quando Albert Einstein per primo applicò la sua teoria generale della relatività per modellare strutture e dinamiche dell'universo.[35]

  Modelli teorici

  Test ad alta precisione della relatività generale della sonda Cassini (elaborazione artistica): i segnali radio inviati tra la Terra e la sonda (Onda verde) sono ritardate dalla deformazione spaziotemporale (Onde blu) dovute alla massa del Sole.

Delle quattro interazioni fondamentali, la gravitazione è la dominante su scala cosmologica dove infatti le altre tre forze sono trascurabili. Dato che tutta la materia e l'energia gravitano, gli effetti della gravità stessa sono cumulativi; al contrario, gli effetti di cariche positive e negative tendono ad annullarsi l'una con l'altra, rendendo l'elettromagnetismo relativamente insignificante su scala cosmologica. Le rimanenti due interazioni, la forza nucleare debole e forte si riducono molto rapidamente con l'aumentare della distanza cosicché i loro effettivi sono confinati principalmente su scala subatomica.

  Teoria della relatività generale

1leftarrow.pngVoce principale: Relatività generale.

Una volta stabilita la predominanza della gravitazione nelle strutture cosmiche, per avere modelli accurati del passato e del futuro dell'universo bisognava avere una teoria acnch'essa accurata della gravitazione dei corpi. La miglior teoria fu la teoria della relatività generale di Albert Einstein, la quale passò ogni test sperimentale eseguito. Tuttavia, dato che nessun esperimento rigoroso su scala cosmologica poteva essere effettuato, la relatività generale poteva essere ritenuta plausibilmente inadeguata. Nonostante ciò, le previsioni cosmologiche effettuate con essa apparirono, con l'osservazione astronomica, corrette, così non vi furono ragioni per adottare una teoria differente.

La relatività generale richiede dieci equazioni differenziali parziali non lineari per la metrica spaziotemporale (Equazioni di campo) che dovevano essere risolte con la distribuzione della massa - energia e della quantità di moto su tutto l'universo. Dato che queste non sono note in dettaglio, i modelli cosmologici si sono basati sul principio cosmologico, che afferma che l'universo è omogeneo e isotropico. In effetti, questo principio afferma che gli effetti della gravitazione delle svariate galassie, che formano l'universo, sono equivalenti a quelli dovuti alla soluzione delle equazioni di Einstein, secondo cui le galassie sono distribuite uniformemente su tutto l'universo, con la stessa densità media. Presumendo una polvere uniforme per tutto l'universo, si ha una facile soluzione dell'equazioni di campo di Einstein e si può quindi prevedere facilmente il futuro dell'universo e conoscere anche con buona precisione il suo passato, sempre su scala cosmologica. Le equazioni di campo di Einstein includono una costante cosmologica (Λ),[35][36] che corrisponde ad una densità di energia dello spazio vuoto.[37] In base al suo segno, la costante può ridurre (Λ negativo) o accelerare (Λ positivo) l'espansione dell'universo. Anche se molti scienziati, incluso Einstein, parlarono di Λ uguale a zero,[38] recenti osservazioni astronomiche di una supernova di tipo Ia hanno individuato una buona quantità di energia oscura che sta accelerando l'espansione dell'universo.[39] Studi preliminari suggeriscono che l'energia oscura corrisponde ad un Λ positivo, anche se teorie alternative non si possono ancora escludere.[40] Il fisico russo Jakov Borisovič Zel'dovič suggerì che Λ sia una misura di energia di punto zero associata con particelle virtuali della teoria quantistica dei campi, una diffusa energia del vuoto che esiste ovunque, anche nello spazio vuoto.[41] Prova di questa energia di punto zero è osservabile nell'effetto Casimir.

  Relatività speciale e spaziotempo

1leftarrow.pngVoci principali: Relatività speciale, Spaziotempo.

  Solo la lunghezza L è intrinseca all'asta (in nero); coordinate differenti tra i suoi punti (come Δx, Δy or Δξ, Δη) dipendono dal suo sistema di riferimento (rispettivamente, in blu e rosso).

L'universo ha almeno tre dimensioni spaziali e una temporale. Fu a lungo pensato che le dimensioni spaziotemporali erano diverse in natura e indipendenti l'una dalle altre (il tempo dallo spazio). Tuttavia, secondo la teoria della relatività speciale, le separazioni spaziotemporali sono interconvertibili (con dei limiti) cambiando il moto proprio del corpo.

Per capire questa interconversione, è utile considerare l'interconversione analoga delle separazioni spaziali lungo le tre dimensioni spaziali. Considerando i due punti estremi di un'asta di lunghezza L, quest'ultima può essere determinata con la differenza delle tre coordinate Δx, Δy e Δz dei due estremi in un dato sistema di riferimento


L^{2} = \Delta x^{2} + \Delta y^{2} + \Delta z^{2}

usando il teorema di Pitagora. In un sistema di riferimento differente, le differenze tra le coordinate sono diverse ma danno sempre lo stesso risultato


L^{2} = \Delta \xi^{2} + \Delta \eta^{2} + \Delta \zeta^{2}.

In questo modo, le differenze tra le coordinate (Δx, Δy, Δz) e (Δξ, Δη, Δζ) non sono intrinseche all'asta ma riflettono i sistemi di riferimento usati per descriverli; al contrario, la lunghezza L è una proprietà intrinseca dell'asta. Le differenze tra le coordinate possono essere cambiate senza influenzare l'asta, ruotando semplicemente il sistema di riferimento usato.

L'analogo nello spaziotempo è chiamato "intervallo tra due eventi;" un evento è definito come un punto in nello spaziotempo, una posizione specifica nello spazio e un momento specifico nel tempo. L'intervallo spaziotemporale tra due eventi è dato da


s^{2} = L_{1}^{2} - c^{2} \Delta t_{1}^{2} = L_{2}^{2} - c^{2} \Delta t_{2}^{2}

dove c è la velocità della luce. Secondo la relatività speciale, si può cambiare una separazione spaziotemporale (L1, Δt1) in un'altra (L2, Δt2) cambiando il sistema di riferimento, quanto possibile il cambiamento mantenga l'intervallo spaziotemporale s. Come un cambiamento nel sistema di riferimento corrisponde ad un cambiamento di moto; in un sistema in movimento, lunghezze e tempi sono differenti dalle loro controparti in un sistema di riferimento stazionario. Il modo preciso in cui le coordinate e le differenze temporali cambiano con un moto è descritto dalle trasformazioni di Lorentz.

  Soluzione dell'equazione di campo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Big Bang e Destino ultimo dell'universo.
Closed Friedmann universe zero Lambda.ogg
 
  Animazione rappresentante l'espansione metrica dell'universo

Le distanze fra le galassie aumenta con il passare del tempo, mentre le distanze tra le stelle nella stessa galassia rimangono circa le stesse a causa delle loro interazioni gravitazionali reciproche. L'animazione a fianco illustra un universo chiuso di Friedmann con costante cosmologica Λ uguale a zero; questo è un tipo di universo che oscilla tra un Big Bang e un Big Crunch.

Nei sistemi di riferimento non Cartesiani, il teorema di Pitagora vale solamente su lunghezze infinitesime e deve essere "accresciuto" con un più generale tensore metrico gμν, il quale può variare da luogo a luogo e descrivere la geometria locale in un particolare sistema di coordinate. Tuttavia, presumendo il principio cosmologico che l'universo è omogeneo e isotropico ovunque, ogni punto nello spazio è uguale ad ogni altro; quindi il tensore metrico deve essere lo stesso ovunque. Ciò porta a considerare una singola forma di tensore metrico, chiamata Metrica di Friedmann - Lemaître - Robertson - Walker


ds^2 = -c^{2} dt^2 +
R(t)^2 \left( \frac{dr^2}{1-k r^2} + r^2 d\theta^2 + r^2 \sin^2 \theta \, d\phi^2 \right)

dove (r, θ, φ) corrispondono ad un sistema di coordinate sferico. Questa metrica ha solo due parametri indeterminati: una scala di lunghezza complessiva R che può variare con il tempo e un indice di curvatura k che può assumere solo il valore 0, 1 o -1, corrispondente al piano della geometria euclidea o a spazi di curvatura positiva o negativa. In cosmologia, la soluzione per la storia dell'universo è fatta calcolando R come una funzione del tempo, dato k e il valore della costante Λ, la quale è un parametro nell'equazione di campo di Einstein. L'equazione che descrive come varia R nel tempo è conosciuta come equazioni di Friedmann, dal nome del suo ideatore, Aleksandr Aleksandrovič Fridman.[42]

  Dimensioni dell'universo e dell'universo osservabile

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Universo osservabile.

Ad oggi non è stata data una risposta definitiva sulla dimensione dell'universo, nè sul fatto che sia finito o infinito. Le conoscenze ad oggi disponibili, derivate da osservazioni e analisi scientifica, postulano un universo finito ed in espansione.

Se l'universo non fosse in continua espansione progressiva, il suo raggio misurerebbe esattamente la sua età, cioè 13,7 miliardi di anni luce; dato che però il nostro universo ha una espansione ben definita, osservabile e misurabile, proporzionale alla distanza dell'osservazione (ad es. doppio della distanza equivale al doppio della velocità di recessione), si potrebbe erroneamente calcolare che l'orizzonte cosmico si trovi a circa 46 miliardi di anni luce, poiché nel tempo trascorso l'espansione è continuata progressivamente, e per le zone più distanti dall'osservazione questa recessione avviene a velocità superluminali; ma la velocità di espansione, poiché in costante accelerazione, non permette alla luce degli oggetti che si trovino oltre la distanza di Hubble di raggiungerci, poiché lo spazio si dilata più velocemente della luce, che non potrà mai raggiungere l'osservatore, creando un orizzonte degli eventi di un buco nero; se si aggiunge la relazione tra spazio e tempo ad oggi considerata valida e la fenomenologia dei buchi neri, in tale orizzonte dell'universo, una stella, particella o informazione avvicinandosi al limite, apparirà all'osservatore rallentare, fino ad arrestarsi completamente in un tempo infinito sull'orizzonte dove il tempo è zero. Oltre l'orizzonte dell'universo, posto a 16 miliardi di anni luce dall'osservazione[43], leggi fisiche, spazio e tempo perdono significato e contatto causale, cioè non esisterà mai la possibilità di osservare o scambiare alcun segnale, interazione o informazione. In pratica esce dalla realtà dell'osservatore (e quindi, di fatto, "al di fuori" del suo Universo).

Un paradosso recita che se l'universo fosse infinito, questo sarebbe di conseguenza composto da infinite stelle: una simile conclusione porterebbe al risultato logico secondo cui, al tramonto del sole, non giungerebbe la notte[44]; è, comunque, da notare che questo paradosso può essere risolto con semplicità basandosi sulla costante della velocità della luce e sull'età dell'universo.

  Forma dell'universo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Forma dell'universo.

Un'importante domanda della cosmologia per ora senza risposta è quella della forma dell'universo.

Per prima cosa, occorrerebbe stabilire se l'universo è piatto, ossia rispetta le regole della geometria euclidea su grande scala. Al momento, la maggior parte dei cosmologi pensa che l'universo osservabile sia (quasi) piatto, esattamente come la superficie della Terra è (quasi) piatta.

In secondo luogo, occorre stabilire se l'universo sia topologicamente connesso oppure no. Secondo il modello del Big Bang, l'universo non ha un confine spaziale, ma potrebbe comunque essere spazialmente finito. Questo può essere compreso mediante un'analogia con le due dimensioni: la superficie della Terra non ha confini, ma ha comunque un'area finita. Si può pensare anche ad un cilindro, e poi immaginare di liberarsi dalle costrizioni imposte dalla geometria ordinaria e immaginare di unire le due estremità del cilindro, ma senza piegarlo. Anche questo è uno spazio a due dimensioni con un'area finita, ma a differenza della superficie terrestre è piatto, ed è quindi un modello migliore.

Ne segue che, strettamente parlando, dovremmo chiamare le sopra menzionate stelle e galassie "immagini" di stelle e galassie, poiché è possibile che l'universo sia finito e così piccolo che possiamo vedere una o più volte "attorno" ad esso, ed il numero reale di stelle e galassie fisicamente distinte potrebbe essere più piccolo. Alcune osservazioni sono in corso per cercare di confermare o escludere questa possibilità.

Un esempio potrebbe chiarire la duplice coesistenza di Universo finito ed infinito. Pensiamo di essere su una pista di ghiaccio e lanciare un corpo che senza attrito incominci a rotolare sulla pista e noi dietro per seguire dove si fermerà. Ammettiamo che la pista di ghiaccio continui diritta per tutta la superficie del globo e noi continueremmo a percorrerla all'infinito. Se ci troviamo sulla pista di ghiaccio dedurremmo dalle nostre osservazioni che essa è infinita, ma se ci astraessimo da essa, magari osservando lo stesso fenomeno dallo spazio, ci apparirebbe finita. Allo stesso modo, poiché noi siamo osservatori dell'universo dal suo interno, esso ci appare come infinito. Per comprenderne la sua finitezza dovremmo posizionarci nel non-universo, fuori dalle leggi della fisica spaziotemporale. Ma così come la pista di ghiaccio è oggettivamente finita, si potrebbe dedurre che lo sia anche l'universo.


  Destino dell'universo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Destino ultimo dell'universo.

Il modello del Big Bang prevede che, a seconda del valore della densità media di materia ed energia, l'universo continuerà ad espandersi per sempre oppure che sarà frenato dalla sua stessa gravitazione e collasserà su sé stesso in quello che è stato chiamato un Big Crunch. Al momento le osservazioni suggeriscono che non solo la densità di massa/energia è troppo piccola per causare un collasso, ma che l'espansione dell'universo è addirittura in accelerazione, e che questa accelerazione debba verosimilmente continuare per un tempo indefinito (vedi universo in accelerazione). Alcuni scienziati, proprio da quest'ultimo fenomeno di accelerazione, hanno dedotto un'altra ipotesi di fine dell'universo, ossia il Big Freeze, il grande freddo. In questa "fine", l'universo si espanderà talmente tanto, che la distanza tra una stella e l'altra lo renderà un luogo freddo e desolato.

  Universi multipli

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Multiverso.

Vi sono alcune speculazioni sul fatto che universi multipli possano esistere in un multiverso di livello più alto. Per esempio, la materia che cade in un buco nero di questo universo potrebbe emergere come un Big Bang che fa iniziare un nuovo universo. Oppure, l'universo potrebbe essersi sviluppato a "raggiera" rispetto al big bang, unico punto in comune per una rosa infinita di universi paralleli che differiscono per una qualche costante universale. Tutte queste idee non sono testabili, e devono essere quindi considerate per adesso pura speculazione.

  Note

  1. ^ Dizionario etimologico online
  2. ^ Lewis and Short, A Latin Dictionary, Oxford University Press, ISBN 0-19-864201-6, pp. 1933, 1977–1978 (Traduz.).
  3. ^ Lewis, C. T. and Short, S A Latin Dictionary, Oxford University Press, ISBN 0-19-864201-6, pp. 1933, 1977–1978.
  4. ^ Liddell and Scott, p. 1392.
  5. ^ Liddell and Scott, pp. 1345–1346.
  6. ^ Yonge, Charles Duke, An English-Greek lexicon, New York, American Bok Company, 1870, pp. 567.
  7. ^ Liddell and Scott, pp. 985, 1964.
  8. ^ Lewis and Short, pp. 1881–1882, 1175, 1189–1190.
  9. ^ OED, pp. 909, 569, 3821–3822, 1900.
  10. ^ Ellis, George F.R., U. Kirchner, W.R. Stoeger (2004). Multiverses and physical cosmology. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society 347 (3): 921–936. DOI:10.1111/j.1365-2966.2004.07261.x.
  11. ^ In contrasto con l'energia oscura, che crea espansione (in termini tecnici è dotata di "pressione negativa"), la materia oscura conduce all'"aggregazione" attraverso la gravitazione.
  12. ^ Suyu, S. H. (2010). Dissecting the gravitational lens B1608+656. II. Misure di precisione della costante di Hubble, curvatura spaziale, e l'equazione di stato dell'energia oscura. The Astrophysical Journal 711: 201–221. DOI:10.1088/0004-637X/711/1/201.
  13. ^ Charles Lineweaver; Davis, Tamara M.. Misconceptions about the Big Bang. Scientific American, 2005. URL consultato in data 2008-11-06.
  14. ^ (EN) Will Durant, Our Oriental Heritage:
    « "Two systems of Hindu thought propound physical theories suggestively similar to those of Greece. Kanada, founder of the Vaisheshika philosophy, held that the world was composed of atoms as many in kind as the various elements. The Jains more nearly approximated to Democritus by teaching that all atoms were of the same kind, producing different effects by diverse modes of combinations. Kanada believed light and heat to be varieties of the same substance; Udayana taught that all heat comes from the sun; and Vachaspati, like Newton, interpreted light as composed of minute particles emitted by substances and striking the eye." »
  15. ^ Stcherbatsky, F. Th. (1930, 1962), Buddhist Logic, Volume 1, p. 19, Dover, New York:
    « "The Buddhists denied the existence of substantial matter altogether. Movement consists for them of moments, it is a staccato movement, momentary flashes of a stream of energy... "Everything is evanescent“,... says the Buddhist, because there is no stuff... Both systems [Sānkhya, and later Indian Buddhism] share in common a tendency to push the analysis of Existence up to its minutest, last elements which are imagined as absolute qualities, or things possessing only one unique quality. They are called “qualities” (guna-dharma) in both systems in the sense of absolute qualities, a kind of atomic, or intra-atomic, energies of which the empirical things are composed. Both systems, therefore, agree in denying the objective reality of the categories of Substance and Quality,... and of the relation of Inference uniting them. There is in Sānkhya philosophy no separate existence of qualities. What we call quality is but a particular manifestation of a subtle entity. To every new unit of quality corresponds a subtle quantum of matter which is called guna “quality”, but represents a subtle substantive entity. The same applies to early Buddhism where all qualities are substantive... or, more precisely, dynamic entities, although they are also called dharmas ('qualities')." »
  16. ^ a b c Craig, William Lane (June 1979). Whitrow and Popper on the Impossibility of an Infinite Past. The British Journal for the Philosophy of Science 30 (2): 165–170 (165–6). DOI:10.1093/bjps/30.2.165.
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  21. ^ Lucio Russo, Flussi e riflussi, Feltrinelli, Milano, 2003, ISBN 88-07-10349-4.
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  43. ^ http://space.mit.edu/~kcooksey/teaching/AY5/MisconceptionsabouttheBigBang_ScientificAmerican.pdf
  44. ^ L'universo è finito


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