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Definição e significado de intelligenza

Definição

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Dicionario analógico









Wikipedia

Intelligenza

                   
bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Intelligenza (disambigua).

L'intelligenza è l'insieme di tutte le facoltà mentali che permettono di capire le cose e gli eventi, di scoprire le relazioni tra di essi e di arrivare alla conoscenza concettuale e razionale (ovvero non percettiva o intuitiva). Essa si percepisce nella capacità di comprendere e adattarsi facilmente alle nuove situazioni. L'intelligenza può essere concepita come capacità di adattamento. L'intelligenza può anche essere vista come la capacità di prevenire, individuare, determinare con precisione e risolvere problemi data dalle proprie facoltà cognitive. L'intelligenza pratica è la capacità di agire in modo appropriato alle situazioni.

In ambito umano, si ha un'intelligenza concettuale: la comprensione umana non può infatti essere concepita senza l'utilizzo di "parole" a cui associare dei significati, ovvero senza l'uso di un linguaggio. La padronanza di idiomi permette il ragionamento complesso; il ragionamento è il processo mentale di analisi per la determinazione delle relazioni tra gli elementi[1].

Indice

  Etimologia

La parola intelligenza deriva dal latino intelligĕre, "capire"; la parola latina deriva a sua volta dalla contrazione dell'avverbio intus (secondo alcuni) o inter (secondo altri) e del verbo legĕre, significando "leggere-dentro" (nel primo caso), ovvero "leggere oltre la superficie", comprendere davvero, comprendere le reali intenzioni, oppure "leggere-tra" (nel secondo), suggerendo allora la capacità di "leggere tra le righe", di stabilire delle correlazioni tra elementi.

  Altre definizioni

In ambito accademico una definizione universalmente condivisa di intelligenza non esiste ancora. Vari studiosi di grande autorevolezza hanno provato a dare le loro definizioni. Tra gli enunciati più importanti si segnala quello fornito in una dichiarazione editoriale del 1994, Mainstream Science on Intelligence, firmato da cinquantadue ricercatori:

(EN)
« A very general mental capability that, among other things, involves the ability to reason, plan, solve problems, think abstractly, comprehend complex ideas, learn quickly and learn from experience. It is not merely book learning, a narrow academic skill, or test-taking smarts. Rather, it reflects a broader and deeper capability for comprehending our surroundings—"catching on", "making sense" of things, or "figuring out" what to do.[2] »
(IT)
« Una generale funzione mentale che, tra l'altro, comporta la capacità di ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse, apprendere rapidamente e apprendere dall'esperienza. Non riguarda solo l'apprendimento dai libri, un'abilità accademica limitata, o l'astuzia nei test. Piuttosto, riflette una capacità più ampia e profonda di capire ciò che ci circonda – "afferrare" le cose, attribuirgli un significato, o "scoprire" il da farsi. »
(Da Mainstream Science on Intelligence, 1994)

Altre definizioni date sono: "la capacità di porre e di risolvere problemi in modo nuovo"[3]; "la capacità cognitiva generale che permette di reagire in modo adeguato alle situazioni nuove, di apprendere utilizzando le conoscenze già acquisite e di elaborare in modo astratto i dati percettivi"[4].

  La valutazione dell'intelligenza

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Quoziente d'intelligenza.

Nell'ambito della specie uomo, si sono sviluppati dei modelli per la "misurazione" dell'intelligenza (psicometria) atti ad effettuare delle comparazioni tra individui diversi. Di tali modelli ne esistono molti, ciascuno sviluppatosi da una diversa teoria di riferimento. È dunque importante precisare che l'utilità di tali modelli viene meno qualora si considerino i risultati dei test corrispondenti d'intelligenza come giudizi oggettivi e validi anche al di là dell'ambito del particolare aspetto, oggetto della misurazione, preso in esame dalla teoria di riferimento. I principali test di misura dell'intelligenza sono i seguenti (in ordine cronologico di ideazione):

  • Stanford e Binet (1911) costruiscono un test con prove diverse che rappresentano dei campioni indicativi delle abilità richieste dall'apprendimento scolastico. Il test Stanford-Binet ne è l'erede contemporaneo. Concetto chiave è il quoziente intellettivo come rapporto tra età mentale ed età cronologica moltiplicato 100. Il valore 100 del quoziente intellettivo è considerato il valore medio della popolazione. Il test Stanford-Binet misura un solo fattore di intelligenza generale. Per ogni fascia di età si proponevano prove che il bambino normale avrebbe dovuto superare, incentrandosi su un'intelligenza di tipo scolastico. Questo test non ha validità per individui più grandi di 13 - 14 anni.
  • Il Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS, 1939), riprende i tipi di compito dello Stanford-Binet, nonché il concetto di quoziente intellettivo, e li ricostruisce per gli adulti. Le voci dei singoli sub-test sono scalate e hanno difficoltà progressiva. Il WAIS non misura il solo fattore di intelligenza generale, ma comprende una serie di dimensioni, coerenti al loro interno per tipologia di prove, che compongono il test: prove verbali (cultura generale, comprensione, analogie, memoria di cifre, ragionamento aritmetico), le prove di performance (riordinamento di figura, completamento di figura, disegno di cubi, ricostruzione di figura, associazione di simboli o numeri).
  • Per entrambi questi test (Stanford-Binet e WAIS) è chiara l'importanza del livello di scolarizzazione, quindi una potenziale distorsione se applicati ad altre tipologie di educazione, o a persone non scolarizzate. Questa caratteristica ha richiesto la progettazione di una tipologia di test "culture free", non influenzati dalla cultura del soggetto, il più noto è quello delle matrici progressive di Raven (1938), matrici numeriche da completare e il Culture fair intelligence test (1949) di Cattell. Studi su questi test sembrerebbero dimostrare che essi non discriminano in modo adeguato i soggetti con intelligenza superiore alla norma, mentre sembrerebbero più adatti per valutare i soggetti svantaggiati.

  I test d'intelligenza e il razzismo in psicologia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Quoziente d'intelligenza e Razzismo.
Approfondimenti
  Diagrammi circolari delle immigrazioni provenienti dal nord-ovest europeo (in rosso) e dal sud-est europeo (in blu). Da notare la discesa-ascesa dei primi, e l' ascesa-discesa dei secondi, prima e dopo l' Immigration Act del 1924.
  • Tesi ereditarista
(Nella storia della psicologia, tesi sostenuta da Piaget).
Il QI di una persona dipende dal suo genotipo (dunque è immutabile e non dipende dal tempo ontologico della persona).
  • Tesi ambientalista
(Nella storia della psicologia, tesi sostenuta da Vygotskij).
Il QI di una persona dipende dall'ambiente culturale in cui è nata, cresciuta e in cui vive (dunque è mutabile e dipendente dal tempo ontologico della persona).
  Bambina statunitense di origine asiatica.

Nel XX secolo a causa delle crescenti immigrazioni dall'Europa e dall'Asia gli psicologi statunitensi si sono posti il problema:

  1. se vi fosse un legame fra QI e razza di appartenenza;
  2. come investire i soldi nell'educazione dei ragazzi e in particolare in ragazzi con QI basso.

Questi studi portarono a riscontri molto duri in campo psicologico e non: Carl Brigham, nel suo testo A study of american intelligence (1923), affermava che l'intelligenza degli americani, di razza bianca nordica, era inquinata dalle razze mediterranee e dalle razze slave. Nell'anno successivo (1924), tale testo, ebbe una notevole influenza nella formulazione, da parte del governo federale statunitense, dell'Immigration Act[5], mediante il quale l'entrata nei confini degli USA da parte di immigrati venne drasticamente diminuita. Nel '28 la polemica si estinse grazie all'articolo Nature and Nurture nel quale Lewis Madison Terman, pur essendo un convinto ereditarista, propose un compromesso fra la tesi ereditarista e la tesi ambientalista.

Si ipotizza che il dibattito nord-americano sull'ereditarietà dell'intelligenza sia stato dovuto alle leggi razziali tedesche e all'afflusso di immigrati alla fine degli anni '30.[6]

Quarant'anni dopo, nel 1969, venne dato alle stampe l'articolo di Arthur Jensen How much can we boost IQ[7] and scholastic achievement?,[8] che portò a feroci attacchi a livello personale e a battaglie a suon di articoli sui quotidiani. In tale articolo si poneva la seguente riflessione: posto che il QI dei bambini neri è basso a causa del loro patrimonio genetico deficitario, ha senso spendere soldi nella loro, così costosa, educazione? Per comprendere a pieno in che periodo culturale siamo, è opportuno ricordare che sei anni prima, nel 1963, ci fu la marcia su Washington per il lavoro e la libertà ad opera di Martin Luther King,[9] contro la segregazione razziale.
Il 4 aprile 1968 Martin Luther King viene assassinato, un anno dopo verrà dato alle stampe il citato articolo di Jensen: è facile comprendere per quale motivo venne accolto come un manifesto in difesa della razza bianca dagli attacchi della razza nera.

Da questo momento ereditaristi e ambientalisti saranno in continua lotta fra loro: è definibile lotta in quanto ad ogni nuova scoperta in campo educativo, genetico e sugli studi dell'intelligenza, sarà parallelamente condotta una difesa o un attacco a livello personale con accuse di razzismo o di ciarlataneria delle tesi proposte. Una lotta senza quartiere.

Nel '73 e nel '74 verranno date alle stampe due testi che faranno storia: IQ in meritocracy di Richard Herrnstein[10] e The science and politics of IQ di Leon Kamin.[11] Il primo proponente le tesi eriditariste, il secondo ambientaliste. Nel '75 uscì il libro Race difference in intelligence di John Loehlin, et al.,[12] proponendo una tesi conciliativa: il QI dipende dal patrimonio genetico ed è modificabile nel tempo mediante l'ambiente culturale nel quale la persona vive.

Negli anni '80 vi fu una nuova ondata di polemiche riguardanti razza e QI. Ma di tutt'altro tipo: stavolta la diatriba non era sul QI deficitario dei bambini di razza nera, ma, paradossalmente, sul QI eccedente dei bambini di razza asiatica. I principali testi al riguardo furono: Educational achievement in Japan di R. Lynn del 1988, The boat people and achievement in America di N. Caplan, J.K. Whitmore e M.H. Choy e anche l'articolo del 1990 pubblicato su American Psychologist, Asian-American educaional achievements: a phenomenon in search of an explanation di S.Sue e S. Okazaki.
Come negli anni '60, in cui si affermò che era inutile investire denaro nell'educazione dei neri poiché poco dotati di QI, così si affermava alla fine degli anni '80 che era inutile spendere denaro nell'educazione di bambini di origine asiatiche poiché già dotati di un QI elevato per natura.

In Europa, e in particolar in Italia, il dibattito fra QI e razza di appartenenza non è stato così forte e deciso.
Comunque è opportuno pensare che «la questione si potrebbe presentare in un futuro non tanto lontano in relazione all'immigrazione in crescente espansione dai paesi del Terzo Mondo (e probabilmente anche dai paesi dell'Est) verso i paesi della Comunità Europea».[13]

La questione del rapporto tra l'intelligenza e la razza va d'altronde posta in altri termini perché non si può non considerare che la maggior parte dei test che valutano l'intelligenza (come la WAIS-R) non sono "culture free" (cioè scevri dall'effetto culturale) sebbene lo si dichiarino. L'effetto culturale è dunque importante nell'esito finale del test e, di conseguenza, influisce anche sulla valutazione dell'intelligenza. L'effetto culturale vale quindi sia per le conoscenze acquisite (intese come scolarità) sia per la cultura d'appartenenza (intesa come cultura asiatica, africana, ecc.). La questione del rapporto tra QI e razza deve quindi rimanere aperta ad ogni riflessione.

  Gli studi differenziali sull'intelligenza

A partire dal diffondersi di strumenti validi e attendibili per la misura dell'intelligenza, si è successivamente focalizzata l'attenzione sulle differenze individuali legate alla funzione intellettiva. L'intelligenza infatti è stato un significativo campo di discussione tra coloro che ne identificano le cause all'aspetto genetico e coloro che invece assegnano una maggiore importanza ai fattori ambientali. Alcuni studi mostrano come la presenza di alcune patologie psichiatriche, come la depressione, influisca sulla performance al test d'intelligenza WAIS-R: più è severa la patologia più la performance al test è deficitaria.[14]. Il che non significa che chi soffre di depressione è meno intelligente di un soggetto non affetto, ma ci suggerisce che, durante l'episodio depressivo, le performance ai test d'intelligenza sono altamente inficiate.

Gli studi differenziali sull'intelligenza evidenziano una forte correlazione tra QI (quoziente intellettivo) di gemelli monovulari. Si evidenzia inoltre una fortissima incidenza dei fattori ambientali sullo sviluppo delle capacità cognitive (si pensi agli studi portati avanti sulla differenza di intelligenza tra bianchi e neri, ricondotti non a differenze cognitive, ma piuttosto al fattore interveniente del livello socio-demografico). La psicologia risolve la dialettica tra componenti innate e ambientali nello sviluppo dell'intelligenza evidenziando come la componente genetica sembra rappresentare una disponibilità, mentre la componente educativa rappresenta un fattore di innesco per tradurre un potenziale in una funzionalità effettiva. Per quanto riguarda l'avanzare dell'età, il rendimento su alcune scale del WAIS tende a diminuire, mentre su altre rimane stabile o aumenta. Riprendendo la distinzione proposta da Raymond Cattell tra intelligenza fluida e cristallizzata, caratteristiche legate all'intelligenza fluida (acquisizione di nuovi stimoli e autocorrezione) tendono a diminuire dopo i 60 anni, mentre l'intelligenza cristallizzata (uso ottimale del proprio patrimonio di strategie, conoscenze, competenze) aumenta in maniera costante per tutta la vita.

  L'apporto cognitivista allo studio dell'intelligenza: il problem solving

Il problem solving è un processo mentale volto a trovare un percorso che porta il cambiamento da una situazione iniziale a una disposizione finale. La capacità di problem solving risulta legata al fattore cognitivo di intelligenza, essa infatti è spesso adoperata come misura empirica dell'intelligenza. Il pensiero logico misurato dal quoziente d'intelligenza infatti, all'interno dei processi di problem solving, è applicato alla risoluzione di uno specifico problema. Il problem solving come processo risulta allora maggiormente contestualizzato, cosa che aumenta il grado di successo nella risoluzione dei problemi, portando i soggetti ad ottenere prestazioni più elevate. Il pensiero logico contestualizzato, inoltre, porta a una misura più attendibile, anche se meno generale dell'intelligenza.

Il problem solving rappresenta l'approccio cognitivista allo studio dell'intelligenza.

La definizione dell'intelligenza in termini di problem solving rappresenta il primo passo compiuto dagli psicologi da una visione dell'intelligenza di tipo scolastico a concetti più differenziati, come per esempio intelligenza fluida-cristallizzata (Raymond Cattell), o intelligenza logica-creativa, e recentemente il concetti di intelligenze multiple (Howard Gardner) e intelligenza emotiva (Daniel Goleman). Dal punto di vista storico risulta importante il contributo di Wertheimer. Max Wertheimer (1965) distingue una intelligenza logica, di tipo astratto, analitico, e una intelligenza creativa, orientata alla sintesi e alla costruzione del nuovo. La prima orientata ai problemi convergenti, la seconda orientata alla soluzione di problemi divergenti.

  La teoria delle intelligenze multiple

L'efficacia del test tradizionale di misurazione del QI è stata con il tempo fortemente ridimensionata.

Lo psicologo statunitense Howard Gardner distingue ben 9 tipi fondamentali di intelligenza, localizzati in parti differenti del cervello, di cui fa parte anche l'intelligenza logico-matematica (l'unica su cui era basato l'originale test di misurazione del QI). Ecco, qui di seguito, i 9 macro-gruppi intellettivi:

  1. Intelligenza Linguistica: è l'intelligenza legata alla capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede solitamente sa variare il suo registro linguistico in base alle necessità ed ha la tendenza a riflettere sul linguaggio. Propria dei linguisti e degli scrittori.
  2. Intelligenza Logico-Matematica: coinvolge sia l'emisfero cerebrale sinistro, che ricorda i simboli matematici, che quello di destra, nel quale vengono elaborati i concetti. È l'intelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e le catene logiche. Comune nei matematici, e in generale in chi si occupa della scienza o delle sue modalità applicative (ingegneria, tecnologia etc.)
  3. Intelligenza Spaziale: concerne la capacità di percepire forme e oggetti nello spazio. Chi la possiede, normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali in base a schemi mentali piuttosto complessi. Questa forma dell'intelligenza si manifesta essenzialmente nella creazione di arti figurative.
  4. Intelligenza Corporeo-Cinestesica: coinvolge il cervelletto, i gangli fondamentali, il talamo e vari altri punti del nostro cervello. Chi la possiede ha una padronanza del corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti. In generale si può riferire a chi fa un uso creativo del corpo, come i ginnasti e i ballerini.
  5. Intelligenza Musicale: normalmente è localizzata nell'emisfero destro del cervello, ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la capacità di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Chi ne è dotato solitamente ha uno spiccato talento per l'uso di uno o più strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce.
  6. Intelligenza Interpersonale: coinvolge tutto il cervello, ma principalmente i lobi pre-frontali. Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. Si può riscontrare specificamente nei politici e negli psicologi, più genericamente in quanti possiedono spiccata empatia e abilità di interazione sociale.
  7. Intelligenza Intrapersonale: riguarda la capacità di comprendere la propria individualità, di saperla inserire nel contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi immedesimare in personalità diverse dalla propria. È considerata da Gardner una "fase" speculare dell'intelligenza interpersonale, laddove quest'ultima rappresenta la fase estrospettiva.
  8. Intelligenza Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine preciso e cogliere le relazioni tra di essi. Alcuni gruppi umani che vivono in uno stadio ancora "primitivo", come le tribù aborigene di raccoglitori-cacciatori, mostrano una grande capacità nel sapersi orientare nell'ambiente naturale riconoscendone anche i minimi dettagli.
  9. Intelligenza Esistenziale[15] o Teoretica: rappresenta la capacità di riflettere consapevolmente sui grandi temi della speculazione teoretica, come la natura dell'universo e la coscienza umana, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che possano essere valide universalmente. Questo tipo di intelligenza è maggiormente posseduta dai filosofi, e in una certa misura dai fisici.

Sebbene queste capacità siano più o meno innate negli individui, non sono statiche e possono essere sviluppate mediante l'esercizio. Inoltre, esse possono anche "decadere" con il tempo. Lo stesso Gardner ha poi menzionato il fatto che classificare tutte le manifestazioni dell'intelligenza umana sarebbe un compito troppo complesso, dal momento che ogni macro-gruppo contiene vari sottotipi.

  L'intelligenza animale

Numerose ricerche dimostrano che molte specie animali sono in grado di produrre comportamenti intelligenti, anche se è difficile e spesso fuorviante paragonare l'intelligenza animale a quella umana[16]. Secondo una prospettiva evoluzionistica ogni specie vivente sviluppa quelle facoltà (intellettive e non) che le sono più utili nell'adattamento all'ambiente in cui vive. In generale, quanto più un ambiente è stabile, tanto più un istinto innato fornirà strategie adattive migliori, mentre quanto più un ambiente è mutevole, tanto più favorirà quelle specie in grado di risolvere problemi nuovi, le quali svilupperanno perciò forme più sofisticate di intelligenza[17].
Facoltà ritenute prova della presenza di forme raffinate di intelligenza, come la memoria, la comprensione della grammatica e la capacità di riconoscere se stessi[18], o come l'uso di pensiero simbolico[17], sono state dimostrate in molte specie, tra cui mammiferi e uccelli[19]. Per quanto riguarda il linguaggio, che è un aspetto fondamentale dell'intelligenza umana, i tentativi di trasferire a specie non umane le competenze linguistiche hanno ottenuto successi limitati e piuttosto controversi, essendo basati soprattutto su casi singoli (come quelli celebri di Kanzi e Washoe) piuttosto che su studi sistematici con campioni di adeguata numerosità. Inoltre questi studi peccano spesso di antropocentrismo, in quanto, più che verificare le capacità cognitive di suddetti animali, hanno cercato di trasferire ad essi una competenza essenzialmente umana.

  L'intelligenza nell'arte e nella cultura

Il concetto di intelligenza è stato (implicitamente) trattato in una quantità di opere letterarie e cinematografiche; in genere, in esse uno dei tratti essenziali della narrazione è la capacità del protagonista di produrre straordinarie performance intellettuali; diventa quindi necessario tratteggiare al meglio le azioni, gli atteggiamenti e il pensiero del personaggio derivanti dalla sua superiore intelligenza. Citiamo alcune di queste opere:

  Note

  1. ^ Sorgenti: ↑  : Dictionnaire Encyclopédique Alpha, dictionnaires Larousse et Robert. Pour le raisonnement, dictionnaire en ligne TLFI ↑ Prolégomènes, tome II, page 323 http://classiques.uqac.ca/classiques/Ibn_Khaldoun/Prolegomenes_t2/ibn_pro_II.pdf [archive] ↑ Jean Piaget, La Construction du Réel, 1936 ↑ A formal definition of intelligence based on an intensional variant of Kolmogorov complexity, Jose Hernandez-orallo, Proceedings of the International Symposium of Engineering of Intelligent Systems (EIS'98). ↑ Marcus Hutter, « A Theory of Universal Artificial Intelligence based on Algorithmic Complexity », dans cs/0004001, 2000-04-03 [texte intégral [archive] (page consultée le 2010-03-11)] ↑ (en) Marcus Hutter, Universal Artificial Intelligence: Sequential Decisions Based On Algorithmic Probability, Berlin, SpringerVerlag, 2005 (ISBN 978-3-540-22139-5) (LCCN 2004112980) [lire en ligne [archive] (page consultée le 2010-04-30)] ↑ R. J Solomonoff, « A Formal Theory of Inductive Inference. Part I », dans Information and Control, vol. 7, no 1, 1964, p. 1-22 ↑ J. Veness, « A Monte Carlo AIXI Approximation », dans Arxiv preprint arXiv:0909.0801, 2009 ↑ a et b Aljoscha Neubauer, Les mille facettes de l'intelligence, Pour la Science, Cerveau & psycho, n°1, page 49.
  2. ^ Gottfredson, L.S. (1997). Foreword to "intelligence and social policy". Intelligence, volume 24 (fascicolo 1): pagine 1–12. DOI:10.1016/S0160-2896(97)90010-6. URL consultato in data 18 marzo 2008.
  3. ^ Intelligenza - Dizionario della salute a cura del Corriere della Sera
  4. ^ Test psicometrici (1992), a cura di C. Cacciola e F. Granito, Napoli, Simone Edizioni, p. 5.
  5. ^ Mecacci L., (1999) Storia della psicologia del novecento, Laterza Editore p. 256 ISBN 88-420-5784-3
  6. ^ Mecacci L.,(1999) Storia della psicologia del novecento, Laterza Editore p. 256 ISBN 88-420-5784-3
  7. ^ IQ sta per "Intelligence quotient", il corrispettivo inglese dell'italiano QI (quoziente d'intelligenza).
  8. ^ Jensen, A.R. (1969) How Much Can We Boost IQ and Scholastic Achievement?. Harvard Educational Review 39: 1-123.
  9. ^ La marcia avvenne il giorno 28 agosto 1963.
  10. ^ Herrnstein R.J., (1973) I.Q. in the meritocracy. Atlantic Monthly Press Book.
  11. ^ Kamin L.J., (1974) The Science and Politics of I.Q., Lawrence Erlbaum Associates, Potomac, MD.
  12. ^ Loehlin J.C., Lindzey G., Spuhler J.N. (1975) Race differences in intelligence. Freeman, San Francisco.
  13. ^ Mecacci L., (1999) Storia della psicologia del novecento, Laterza Editore p. 257 ISBN 88-420-5784-3
  14. ^ Mandelli Laura, Serretti Alessandro, Colombo Cristina, Marcello Florita, Alessia Santoro, David Rossini, Raffaella Zanardi, Enrico Smeraldi, (2006). "Improvement of cognitive functioning in mood disorder patients with depressive symptomatic recovery during treatment: an exploratory analysis". Psychiatry Clin. Neurosci. 60 (5): 598–604. http://www.blackwell-synergy.com/doi/abs/10.1111/j.1440-1819.2006.01564.x
  15. ^ Gardner, Howard (1999). Intelligence Reframed: Multiple Intelligences for the 21st Century, New York: Basic Books.
  16. ^ Stephen Budiansky, Se un leone potesse parlare. L'intelligenza animale e l'evoluzione della coscienza, Baldini Castoldi Dalai, 2007, ISBN 978-88-8089-639-5.
  17. ^ a b Danilo Mainardi. Anche gli animali hanno un' intelligenza. URL consultato in data 1º aprile 2009.
  18. ^ Luigi Bignami. Pensieri e parole se l'animale è intelligente. la Repubblica, 28 febbraio 2008. URL consultato in data 1º aprile 2009.
  19. ^ Eriko Yamamoto e Shigeru Watanabe, Strategy of auditory discrimination of scale in Java sparrows: They use both “imagery” and specific cues, Behavioural Processes, Vol.77(1), 2008, pp 1-6, doi:10.1016/j.physletb.2003.10.071

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